«I politici triestini sono troppo timorosi e il timore è un pessimo consigliere»

L’analisi dello storico veneziano Calimani

TRIESTE. Il manifesto prima “censurato” e poi la “retromarcia” del sindaco? Riccardo Calimani, scrittore e storico dell’ebraismo, se la ride di gusto. «Ovvio che si sia scatenato tutto questo putiferio».

Professore, l’assessore Rossi, per motivare la decisione, ha parlato di “prudenza”. Come la vede?

Bisogna sì essere prudenti, ma non timidi. La prudenza qualche volta non è una virtù.

Il sindaco ha chiesto di modificare quel manifesto per abbassare i toni qui in città e che la parola razzismo sul volantino in qualche modo lo ha infastidito.

La moderna genetica ha spiegato che la razza non esiste. Esiste il razzismo, ovvero un pretestuoso uso di antichi concetti, che ormai sono superati, per dividere gli uomini. E allora è del tutto evidente che bisogna fare chiarezza e saper, con tutta tranquillità, spiegare le cose. Su questi temi bisogna essere estremamente puntuali e rigorosi, altrimenti diventa tutta una baruffa tra fazioni.

Perché non si riesce a spiegare ancora quella questione con tranquillità, come dice lei?

Perché pochi hanno capito cosa è successo in quegli anni. Dopo la seconda guerra mondiale noi abbiamo avuto l’illusione che la nuova repubblica si fosse sbarazzata degli scheletri nell’armadio. Non è così. I nuovi partiti hanno inglobato dentro di sé gli ex fascisti e non c’è mai stata una vera critica alle tragiche buffonerie del regime. Quando Mussolini venne a Trieste ad annunciare le leggi razziali, gli ebrei italiani erano 40 mila su 40 milioni di abitanti. E lui li fece diventare un potente nemico, perché ne aveva bisogno. La conseguenza di quella tragica buffonata fu che 8 mila finirono nei campi di concentramento, 8 mila furono costretti ad andare all’estero e 8 mila si convertirono. Il problema è capire fino in fondo quel fenomeno per evitare che altri fenomeni, leggermente diversi ma ugualmente tragici, si ripetano.

C’è una specificità particolare qui a Trieste?

Sicuramente. Trieste è nata come incontro di popolazioni diverse. È una città per sua natura di frontiera, cosmopolita. La sua ricchezza sono le culture, le persone di diversa provenienza. Per sua natura geografica, Trieste ha una grande apertura ed è un luogo speciale per poter affrontare questi temi. Ma bisogna farlo senza averne paura. Mi pare, però, che la classe politica triestina sia estremamente timorosa e il timore è un pessimo consigliere.

Come se ne esce?

Quello che ci salva in questo momento è che non c’è una grossa crisi economica che colpisca le classi medie. Se ci fosse, sarebbe da preoccuparsi perché non abbiamo i vaccini per tutelarci dai fenomeni negativi. E poi dobbiamo lavorare sulla memoria, che è una condizione labile: bisogna sempre darle le vitamine, rinforzarla. Noi abbiamo il diritto di dimenticare, ma qualche volta abbiamo anche il dovere di ricordare. –
 

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