Hadzic, il boia di Vukovar accetta l’estradizione

Dopo aver salutato la famiglia e l’amante domani sarà in carcere in Olanda. Belgrado esulta, privata di un fardello che ne ostacolava i rapporti con l’Europa

BELGRADO. Zero attacchi frontali contro i giudici. Nessuna richiesta di esami medici per provare un presunto cattivo stato di salute. E niente ricorso contro l’estradizione, come fece solo due mesi fa Mladic. Sarà un trasferimento rapido e indolore, quello di Goran Hadzic verso l’Aja a disposizione del procuratore Serge Brammertz. E Belgrado gioisce, conscia che l’ultimo fardello che teneva in scacco il Paese sarà presto solo un ricordo. «Il mio assistito ha declinato la possibilità di fare appello contro l’estradizione», ha annunciato ieri l’avvocato di Hadzic, Toma Fila, ex capo del team di difesa di Milosevic all’Aja.

Ma l’estradizione «non avverrà prima di venerdì, perché Hadzic deve prima salutare la sua famiglia, che non vedeva da sette anni», ha aggiunto il legale del “boia di Vukovar” prima che l’incontro avesse luogo, ieri mattina. Rimane ora in sospeso solo la visita in carcere di amante e figlio illegittimo e poi «è realistico» immaginare Hadzic già domani rinchiuso in una cella del carcere di Scheveningen, ha fatto intuire Fila. Non certo in quelle di Zagabria, sebbene il premier croato Kosor si sia augurata che Hadzic sconti in Croazia le pene che gli erano state inflitte in contumacia dai tribunali di Sebenico e Osijek.

Mentre la Serbia attende il giorno dell’estradizione, fioriscono dettagli sulla latitanza. I quotidiani belgradesi raccontano che l’ex fuggiasco avrebbe trascorso anni in Russia, appoggiandosi all’entourage di Jovica Stanisic, capo dei servizi al tempo di Milosevic, ora alla sbarra all’Aja. L’avvocato di Hadzic ha smentito che il suo assistito fosse armato al momento dell’arresto e che avesse documenti falsi. Come abbia fatto il super ricercato a viaggiare tra Mosca e Belgrado con la sua carta d’identità originale o a soggiornare a lungo in Serbia, senza subire controlli, è una domanda che meriterebbe rapide risposte.

Ma ora l’interesse serbo è solo quello di lasciare spazio alla giustizia internazionale. All’Aja Hadzic dovrà chiarire il suo ruolo nei massacri dei “non-serbi” in Croazia e nell’eccidio di Ovcara: 264 vittime. I loro familiari, seppur dopo troppi anni, chiedono giustizia. «Sono contenta che sia stato arrestato, ma sarei ancora più felice se confessasse e svelasse dove sono sepolti i nostri cari, che noi ancora cerchiamo», auspica Manda Patko, vedova di guerra e presidentessa delle Madri di Vukovar, associazione dei familiari delle vittime croate della città martire.

«Non ho conosciuto personalmente Hadzic, ma so che si comportava come un dio e un padrone. Doveva essere arrestato tanto tempo fa e punito. Non è colpevole solo di Ovcara, ma di molti altri crimini commessi nei dintorni di Vukovar, di rapimenti e omicidi», rincara. Ma, per Patko, la giustizia è ancora lontana e scarsa è la fiducia riposta nel Tpi. «Non credo molto nei tribunali. Si sa com’è andata a finire con la trojka di Vukovar», il processo, considerato sostanzialmente iniquo, agli ufficiali della Jna responsabili del massacro di Ovcara. «Non mi aspetto che vengano comminate pene adeguate», conclude Patko. Al Tpi il compito di smentirla.

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