Grimaldi: Trieste torni porto della Mitteleuropa

Parla il numero uno del gruppo armatoriale: «Scalo poco competitivo soprattutto a causa dei collegamenti ferroviari. Pronti a entrare nel Terminal se l’Authority ci chiama»
Di Vito De Ceglia

MILANO. «Trieste deve avere l’ambizione di diventare un porto mitteleuropeo». Lo ripete tre volte Emanuele Grimaldi, ad dell’omonimo gruppo armatoriale napoletano, che dal 9 ottobre è anche il nuovo presidente di Confitarma, la Confederazione nazionale degli armatori privati. La sua è un’investitura che assume ancora più peso perché la lancia a margine della convention Euromed di Ischia, l’evento internazionale che ogni anno la compagnia dedica alle autostrade del mare, settore in cui il gruppo è leader indiscusso nel Mediterraneo e uno dei primi al mondo. Probabilmente, la notizia più importante è che anche quest’anno, nonostante la crisi, la società cresce: +150mila auto e +200mila passeggeri. «Chiuderemo l’anno, con tutta probabilità, rispettivamente con un +20% e +30%». Inoltre, aggiunge: «Tra il 2014 e il 2015 lanceremo sul mercato 17 nuove navi per un investimento complessivo di 800 milioni di euro. Sono unità che si aggiungono alle attuali 103 navi di proprietà, 25 delle quali costruite negli ultimi 5 anni». «Il nostro è stato un investimento oculato e spalmato su tre anni – puntualizza – che però ha consentito di aumentare la capitalizzazione dell’impresa di quasi un miliardo di euro».

Grimaldi parla a braccio del nuovo terminal di Barcellona, costato 10 milioni di euro; dei nuovi super traghetti G4 più grandi, più veloci, più ecologici e più efficienti di quelli attualmente in servizio nel mondo; della crisi che ha colpito l’armamento internazionale; dei servizi che il gruppo opera in oltre 110 porti di 47 Paesi, e di molto altro. Ma l’ad trova il tempo anche per soffermarsi su Trieste, da dove la compagnia ha lanciato quasi un anno fa un collegamento trisettimanale che unisce Ancona, Igoumenitsa e Patrasso. Linea servita dai ferry “Cruise Europa” e “Cruise Olimpia”, capaci ognuna di trasportare 3.000 passeggeri con i 3.000 metri lineari utili per l’imbarco contemporaneo di 170 camion e 250 autovetture.

Presidente, l’Authority ha deciso di mettere in vendita la sua quota (40%) del Trieste Terminal Passeggeri (Ttp): il gruppo Grimaldi è interessato ad entrare nella società?

In verità, non abbiamo ancora avuto manifestazioni di interesse nei nostri confronti da parte dell’Authority. Ma se questo dovesse accadere, prenderemo in considerazione l’ipotesi di un ingresso. Naturalmente, sempre se ci saranno le condizioni. Oggi, dentro il Ttp ci sono società che possono esercitare il diritto di opzione su quella quota. Vediamo che accade. Anche se in realtà l’Authority ci aveva proposto in passato una soluzione alternativa: una banchina nel centro città, ma abbiamo declinato l'offerta perché i nostri camion arrivano dall’Austria a Trieste alle 2 di mattina. E questo avrebbe creato un grande disturbo alla Comunità».

Lei come valuta il porto di Trieste?

La potenzialità di Trieste è enorme. Soprattutto per la sua vocazione fortissima verso i mercati dell’Europa centrale e del Mediterraneo orientale. Molto spesso tutti pensano al porto giuliano come un punto di approdo del traffico italiano. Ma non è così: la sua ambizione deve essere quella di diventare un porto mitteleuropeo. Per esempio, da Milano si arriva prima a Ravenna o a Venezia, e non a Trieste. Mentre fino alla linea di Francoforte, il porto giuliano può essere addirittura più competitivo di Amburgo e di Anversa. Cerco di essere ancora più esplicito: tanti nostri traffici che provenivano da Francoforte potevano andare ad Amburgo, noi li abbiamo dirottati su Trieste. Lo abbiamo fatto perché è il mercato che detta le regole. E il mercato dice che per raggiungere destinazioni come Israele, Egitto o Cipro si impiegano 3 giorni dal porto triestino contro i 10 che ci vogliono per raggiungere i porti del Nord Europa.

Allora, che cosa manca al porto di Trieste per essere più competitivo?

Devo dire che oggi il porto gioca un ruolo importante. Ma non è abbastanza: il problema di Trieste è il cosiddetto ultimo miglio. Le ferrovie tedesche hanno trovato forme di collaborazione fortissime con i paesi dell’ex Jugoslavia e di riflesso con i porti di Koper e Fiume, dove probabilmente gestiscono anche delle banchine. É chiaro, quindi, che quando un colosso come Volkswagen costruisce un trasporto eccezionale di auto sceglie uno di quei porti e non Trieste perché, superato il confine tedesco, c’è un aggravio di costi per percorrere pochi chilometri su rotaia: quelli dell’ultimo miglio. Lo stesso problema pesa come un macigno anche su Monfalcone. Le manovre ferroviarie rappresentano un ostacolo enorme per un’impresa straniera. A questo punto, bisogna capire se le ferrovie italiane hanno interesse ad aiutare Trieste fornendo un servizio competitivo, che consenta al porto giuliano di giocare una partita ad armi pari con i vicini scali concorrenti. Per esempio, devono essere creati treni che partono da Francoforte con costi certi e competitivi.

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