Gli storici sulle Foibe: «È stato giusto istituire per legge il Giorno del Ricordo»

Mentre non accenna a diminuire la polemica dopo le affermazioni del rettore dell’Università per Stranieri di Siena Tomaso Montanari

Pietro Spirito
A destra Tommaso Montanari
A destra Tommaso Montanari

TRIESTE La legge che ha istituito il Giorno del Ricordo non è sbagliata, né si contrappone alla Giornata della Memoria e al 25 aprile. Gli storici che da anni studiano i massacri delle foibe e l’esodo dei giuliano dalmati sono concordi: è sbagliato l’uso strumentale e politico che si fa di quella legge - come di qualsiasi altra legge - ma il Giorno del Ricordo rimane una solennità civile che anzi fornisce agli stessi storici gli strumenti per una migliore e più ampia conoscenza delle complesse vicende del confine orientale. L’ennesima polemica sulle foibe divampa da una settimana, da quando il rettore dell’Università per Stranieri di Siena, lo storico dell’arte Tomaso Montanari, dalle pagine del “Fatto quotidiano” ha affermato, parlando di un fascismo che «riesce ad avere ragione solo quando trucca la storia», che «la legge del 2004 che istituisce la Giornata del Ricordo (delle Foibe) a ridosso e in evidente opposizione a quella della Memoria (della Shoah) rappresenta il più clamoroso successo di questa falsificazione storica».

Di fronte a una serie di vicende in odore di revisionismo - come il caso del sottosegretario leghista Claudio Durigon, ora dimissionario, che voleva re-intestare un giardino dedicato a Falcone e Borsellino ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce - Montanari, pur senza negare l’esistenza delle foibe, anche ieri, ribadendo che mai si dimetterà dal suo incarico, è tornato a parlare del pericolo di «un’antinarrazione fascista che contrasti e smonti l’epopea antifascista su cui si fonda la Repubblica». Antinarrazione che avrebbe proprio nel Giorno del Ricordo il suo punto di forza, in grado di spianare la strada al disegno di legge per «rendere un reato il negazionismo delle Foibe».

Affermazioni che hanno scatenato furibonde reazioni da parte di una compatta compagine politica che va dalla Lega e Fratelli d’Italia a Forza Italia.

La legge istitutiva del Giorno del Ricordo fu varata il 13 aprile 2004. Non era il primo disegno normativo legato alla memoria di foibe ed esodo ad affrontare l’iter parlamentare. Già nel 1995, nel 1996 e nel 2000 altrettante proposte si erano arenate ancora prima di affrontare l’assemblea legislativa. Il 6 febbraio del 2003 la svolta: alla Camera approda una proposta con le firme di vari gruppi parlamentari: Alleanza Nazionale e Forza Italia i più rappresentati, ma ci sono anche l’Udc e la Margherita. Primi firmatari Roberto Menia e Ignazio Larussa di An. L’anno dopo il senatore triestino della Margherita, Willer Bordon - un passato da ferreo militante del Partito Comunista Italiano - presenta a sua volta un disegno di legge, proposta che verrà assorbita da quella del 6 febbraio 2003 nel passaggio dalla Camera al Senato.

Votata a larga maggioranza, la legge entrerà in vigore con lo scopo di «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».

«Non solo è una legge giusta e doverosa, ma è arrivata anche troppo tardi», commenta lo storico Raoul Pupo, considerato il massimo esperto in Italia sulla vicenda delle foibe. «Certo - precisa Pupo - la norma si presta a essere strumentalizzata in senso nazionalista, il suo spirito trasversale non è mai stato condiviso da tutti, ma tutte le derive strumentali restano in contraddizione con una legge che trasforma la memoria dolente in memoria riposta». In quanto alla data, continua Pupo, «è stata scelta perché il 10 febbraio 1947 è il giorno del Trattato di pace, forse si poteva scegliere un’altra data, come il 15 settembre, giorno dell’entrata in vigore del Trattato, ma storicamente la data di riferimento è sempre stata il 10 febbraio».

«Fra l’altro - interviene lo storico Gianni Oliva - si era ipotizzata anche la data del 20 o 21 marzo, quando partì da Pola l’ultima nave carica di esuli, ma così la ricorrenza rischiava di essere legata a un solo luogo». «In quanto all’uso strumentale del Giorno del Ricordo - dice ancora Oliva -, vale tanto per la destra quanto per la sinistra, perché la Storia va lasciata agli storici e non ai politici». «Forse si poteva fare meglio, ma non è certo una legge sbagliata né tantomeno revisionista», interviene Mauro Gialuz, presidente dell’Istituto Regionale per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea nel Friuli Venezia Giulia. «Se ne viene fatto un uso strumentale - continua Gialuz - questo non mette in discussione la realtà storica degli avvenimenti cui si ispira la norma». «E il fatto che istituire il Giorno del ricordo sia stato giusto - commenta lo storico Patrick Karlsen, direttore dello stesso Istituto - lo dimostra il lavoro che stiamo facendo attraverso iniziative di studio, approfondimento e divulgazione che vanno incontro allo spirito della legge a beneficio di tutti». «Rimango stupito - conclude Karlsen - da queste continue polemiche, che si pensava fossero superate dal gesto del luglio 2020, quando i Presidenti della repubblica sloveno e italiano, Borut Pahor e Sergio Mattarella, si tennero per mano davanti alla Foiba di Basovizza».

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