Gli scienziati al Pd: "Sbagliato dire no al nucleare"
E la Hack avverte: da Krsko solo svantaggi, costruiamo piuttosto una centrale nel Friuli Venezia Giulia
TRIESTE
Dal Pd non arrivi una «chiusura preventiva» al ritorno del nucleare in Italia: questo l'appello rivolto al segretario Pierluigi Bersani da 72 scienziati, intellettuali, manager, ai quali si sono aggiunti sei parlamentari Democrat. Ma il segretario del Pd risponde di no, ribadendo il suo giudizio negativo sul Piano del governo; un piano «velleitario» perché non affronta alcuni nodi decisivi. I 72 firmatari, fra i quali Umberto Veronesi, Margherita Hack, Edoardo Boncinelli, affermano che «non è in alcun modo giustificabile» l'avversione del Pd al nucleare. È poi «incomprensibile la sbrigatività e il pressapochismo» con cui spesso nel partito «vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata». La lettera sottolinea anche «il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l'Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell'innovazione». Anche perché «molti leader dei governi di sinistra e progressisti puntano sul nucleare» da Lula a Obama.
A creare disagio nel Pd è anche la presenza di sei parlamentari del partito tra i firmatari (Erminio Quartani, Francesco Tempestini, Enrico Morando, Tiziano Treu, Pietro Ichino, Andrea Margheri), appartenenti a tutte e tre le componenti interne (area Bersani, Franceschini e Marino).
Il primo a respingere l'appello è stato Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd, per il quale esso «è figlio di ideologie del passato». Realacci ha chiesto che l'Assemblea nazionale del partito, il 22 maggio, dica una parola chiara «evitando il rischio di apparire confusi e deboli».
Bersani ha risposto a chi temeva una virata pro-nucelare del Pd ribadendo le ragioni di un «no» che, ha detto, non è «assolutamente ideologico», ma è uno stop a un «piano velleitario». Il segretario dei Democratici ha rielencato le ragioni delle perplessità del suo partito verso il nucleare proposto da Berlusconi: il governo non ha pensato all'Agenzia nazionale, non ha identificato il sito unico nazionale; per non parlare «della gestione del vecchio nucleare che non è affrontata, a partire dal 'decommissioning' delle vecchie centrali, che potrebbe rappresentare una chance per le nostre aziende, fino al ritorno delle vecchie scorie dalla Francia». E poi le procedure di localizzazione delle centrali «sono state messe su un binario incerto». Stesso discorso per i costi. Insomma, conclude Bersani, «nella situazione italiana, e senza riserve ideologiche, il Piano del governo ci distrae da tutto quello che potremmo e dovremmo fare», cioè un massiccio investimento nella green economy.
«La centrale di Krsko rappresenta per la nostra regione tutta una serie di potenziali svantaggi senza alcun vantaggio». E allora, per Margherita Hack non ci sono dubbi, «tanto vale costruire un impianto in Friuli Venezia Giulia». Il nodo chiave, insiste l'astrofisica, è quello dei rischi: «La nostra regione ha la centrale slovena a un passo, il nostro Paese è circondato dalla centrali francesi e svizzere. Accadesse qualcosa, subiremmo le stesse conseguenze dei confinanti. E allora perché continuare a pagare l'energia più che gli altri Paesi europei? Con la premessa che bisognerebbe sfruttare meglio le energie rinnovabili - prosegue la Hack -, la soluzione dei problemi energetici italiani non può prescindere dalla costruzione delle centrali nucleari».
Ritornando ai rischi, assicura infine la scienziata, «le centrali di ultima generazione sono altamente sicure. Va senz'altro risolto con attenzione il problema delle scorie, ma demonizzare a prescindere il nucleare non ha alcun senso».
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