Gli ebrei croati boicottano il Giorno della Memoria

La Comunità giudica troppo morbida la posizione del governo nei confronti di chi giustifica i crimini ustascia. Protesta per la targa col motto “Per la Patria pronti»

BELGRADO. Boicottare la cerimonia ufficiale più importante in Croazia nel Giorno della Memoria, il 27 gennaio. È questa la durissima linea decisa del coordinamento delle Comunità ebraiche croate per denunciare un fenomeno complesso, quello della presunta “relativizzazione” dei crimini compiuti dagli ustascia filonazisti, nel silenzio delle autorità nazionali.

La linea è stata confermata ieri da Ognjen Kraus, il numero uno della Comunità ebraica a Zagabria, con l’agenzia croata Hina che ha precisato che la mossa è stata dettata dalle «inappropriate reazioni» del governo nei confronti di chi tenta, nel Paese, di «glorificare» il regime ustascia di Ante Pavelic. Per questa ragione gli ebrei croati non parteciperanno agli eventi, organizzati in genere al Parlamento a Zagabria in occasione della Giornata internazionale in cui si commemora l’Olocausto degli ebrei, iniziativa simile a quella presa nell’aprile dell’anno scorso per la rievocazione di Jasenovac. «Abbiamo maturato questa decisione alla luce delle reazioni del governo, del Parlamento e della presidentessa della Repubblica agli eventi» recenti, ha dichiarato Kraus.

 

Simboli dei regimi, lo stop della Croazia
Partigiani titini sfilano davanti all'Arena di Pola il 3 maggio del 1945

 

Il problema non sta soltanto nella «lapide con la scritta “Za Dom spremni” a Jasenovac», il motto ustascia inciso su una stele collocata tre mesi fa da membri della destra e veterani delle ultime guerre balcaniche nei pressi del lager dove furono eliminati più di 80mila tra ebrei, serbi e rom, ha poi chiarito Kraus. La questione in effetti è più generale e riguarda la «relativizzazione» di tutto quanto accaduto sotto il regime di Ante Paveli„ e dell’Olocausto in generale, ha specificato Kraus, prima di esplodere in una frase piena di sdegno.

«Se la croce uncinata, la “U”» simbolo degli ustascia, lo slogan «Per la patria pronti» «e la stella rossa sono la stessa cosa, allora di che cosa discutiamo? Di creare una commissione per dire cosa è stata la Seconda guerra mondiale?», ha aggiunto, con un riferimento all’idea del premier conservatore Plenkovi„ di creare una commissione sui simboli di tutti i totalitarismi. Kraus che ha poi citato un ultimo caso controverso, che descriverebbe la strana atmosfera che si respira in Croazia.

Il caso in questione riguarda una mostra dedicata ad Anna Frank in una scuola di Sebenico, sospesa la scorsa settimana su ordine del preside.

Alcuni pannelli dell’esibizione dedicati all’epoca buia del Secondo conflitto in Jugoslavia avrebbero suggerito ai visitatori la convinzione «che gli ustascia erano dei criminali che massacravano i serbi e gli ebrei, che facevano morire di fame i bambini» e che gli uomini di Tito «erano innocenti», ha accusato il preside, Josip Belamari„, citato dalla stampa locale. Boicottaggio, quello della Comunità ebraica, che è stato sostenuto anche dallo storico e intellettuale Slavko Goldstein.

«Quando la presidenza della Comunità ha preso la decisione l’ho appoggiata, perché tollerare la scritta con il saluto Za Dom Spremni a Jasenovac è una decisione estremamente negativa», spiega Goldstein. «Ho perso una grande parte della famiglia paterna a Jasenovac» e immaginare lo slogan ustascia laggiù, sbattuto «di fronte ai nostri morti, è una farsa, qualcosa di grottesco».

Lapide che non è stata deposta nei pressi del lager dal governo, certo, ma il governo avrebbe dovuto e potuto reagire, «vietandola immediatamente, e ne hanno i mezzi, attraverso la legge, appellandosi alla Costituzione», continua Goldstein. «Il governo ha la possibilità di fermare» tutto questo, ma al contrario «esita e cerca il compromesso con la destra; in certe cose però non ci sono compromessi». E soprattutto - aggiunge ancora - «il revival degli slogan» del regime ustascia, di chi escogitò piani concreti di eliminazione di serbi, rom ed ebrei, «è un crimine, più di un crimine».

Ma cosa dovrebbe fare il governo? «Vietare quelle frasi» e fare come in Germania. Nei confronti di chi esalta il nazismo.

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