Festa del Prosecco, snobbati i vini del Carso
«Esiste forse a Conegliano la Festa della Vitovska e le Camere di commercio del Veneto organizzano rassegne del Terrano?» È la domanda retorica che si pone Beniamino Zidarich, uno dei più stimati viticoltori della provincia, per rispondersi: «Certo che no» e per spiegare perché i produttori locali hanno rifiutato «l’angoletto in cui la Camera di commercio e gli organizzatori locali volevano relegarci nel Salone del Prosecco, un vino industriale che appartiene al Veneto e che non rispecchia affatto le tradizioni e le abitudini delle nostre terre dove pure il Prosecco è nato». «È necessario fare chiarezza - aggiunge Sandi Skerk, uno dei produttori di punta del piccolo ma combattivo comparto vinicolo triestino - della festa del Prosecco i viticoltori triestini non sanno che farsene, visto che solo un produttore locale sarà presente a fronte di un'iniziativa che, nel quadro della Festa della Barcolana, darà rilievo esclusivo ai soli produttori delle bollicine del vicino Veneto e del Friuli». Trieste ha una provincia che più piccola non si può, vissuta tra le asperità del costone che guarda al golfo e le millimetriche doline da cui i viticoltori, per secoli, hanno ricavato la poca e ferrigna terra necessaria a impostare quelle vigne che oggi fruttificano le uve dei terrani, delle vitovske e delle malvasie che vengono acquistate, senza batter ciglio, da “dealer” qualificati d'oltreoceano, della Britannia e del lontano Giappone. Zidarich e Skerk sono gli interpreti del pensiero della totalità dei viticoltori triestini. Quelli che attendono ancora i frutti dell'accordo di programma stipulato con la Regione Fvg, con la Regione Veneto e con il Ministero dell'Agricoltura per una serie di interventi e incentivi a favore del comparto vitivinicolo triestino in cambio della cessione della denominazione geografica “Prosecco” a protezione dei miliardi di miliardi di bollicine imbottigliate dalle cantine venete e friulane.
La questione toccata da Zidarich e Skerk rimane, da qualche anno, sempre la medesima: mentre le produzioni di Prosecco di Valdobbiadene e dintorni, comprese quelle friulane degli Zonin, sono riuscite grazie alla nuova Doc interregionale “Prosecco” a proteggersi dai concorrenti di tutti i continenti, la Trieste vinicola rimane ai blocchi di partenza senza beneficiare di alcun beneficio. Come quelli di un accordo di programma che prevedeva la messa a punto di piani di gestione capaci di attutire i vincoli della Comunità europea (le Zone di Protezione speciale e i Siti di Importanza comunitaria) che impediscono, assieme a altri vincoli idrogeologici e di altra valenza, di far crescere un'economia vinicola e agricola capace di creare qualità da esportazione intercontinentale. «In Friuli i viticoltori hanno 4mila ettari a disposizione - si inalbera Zidarich - noi impazziamo per un metro e a Trieste si permettono di beffarci con una festa a loro vantaggio». «Oltretutto l’iniziativa della Camera di commercio, della Provincia e degli altri enti che per alcuni potrebbe apparire interessante – spiega Skerk – risulta incastonata nella “Barcolana”, inevitabilmente obnubilata dall'evento sportivo. E perdipiù - ribadiscono Skerk e Zidarich - saranno presenti solo le bottiglie dei produttori “forestieri”. Della Trieste a bollicine vi sarà soltanto la pur ottima bottiglia di Andrej Bole da Pischianzi di Roiano, tra l'altro tutt'altro che frizzante. «A dirla tutta – chiude Skerk – i viticoltori triestini hanno comunque poco da festeggiare. La Barcolana sarà una vetrina per i colleghi delle regioni contermini. Noi continuiamo a attendere i piani di gestione, la definizione pratica del “masterplan” per lo sviluppo dell'agricoltura triestina, in particolare i fondi per il recupero dei terrazzamenti abbandonati del costone carsico. Ai produttori veneti e friulani le vetrine che contano; a noi l'incertezza, le difficoltà e, ancora una volta nella storia triestina, le promesse non mantenute».
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