Ex Pescheria, una splendida scatola vuota

La giunta Cosolini adesso cerca un’idea per il rilancio del Salone degli Incanti. L’assessore alla Cultura, Mariani: «Deve restare sempre aperta. Serve un filo conduttore». Per ora nessun progetto concreto oltre alla cena per i centenari
Foto BRUNI TRieste 28 04 10 Salone degli Incanti-Ex Pescheria
Foto BRUNI TRieste 28 04 10 Salone degli Incanti-Ex Pescheria

TRIESTE Il pranzo dei centenari è arte moderna o contemporanea? Bella domanda. Moderna probabilmente visto il legame preponderante con il Novecento. Ma che c’entra? C’entra, c’entra. È il prossimo appuntamento del Salone degli Incanti, il centro espositivo d’arte moderna e contemporanea. L’ex Pescheria di riva Nazario, tradotto ai triestini. A dire il vero il pranzo dei centenari l’organizza l’assessorato ai Servizi sociali e non quello alla Cultura come tiene a precisare l’assessore Andrea Mariani. E non è neppure una novità. Già nel giugno del 2010 il Salone degli Incanti ospitò l’evento artistico del pranzo di 127 centenari.

L’edificio sorto nel 1913 in poco più di un anno, quasi tremila metri quadrati disponibili, ha visto transitare di tutto dall’inaugurazione (luglio 2006) a oggi dopo un restauro lungo sei anni. Poca arte moderna e contemporanea, a dire il vero, a dispetto del suo nome di centro espositivo. Ha visto gli scatoloni di Andy Wahrol ma anche le sculture di Adriano Visintin, gli abiti di Mila Schön ma anche le vele di Franco Pace, le opere di Mascherini ma anche il vero e falso della Guardia di Finanza.

Per il resto molti buffet e cene di gala, mostre mercato d’antiquariato, rassegne di moda, eventi vari ed eventuali, convegni e persino un corso di acconciatura della Confartigianato. Usato più spesso come ombelico della Stazione Marittima più che come spazio d’arte collegato al vicino Museo Revoltella. Un salone che ha promesso molto e incantato poco. Colpa del nome preso a prestito dal luogo della pescheria dove quotidianamente veniva messo all’asta il pesce. Salone degli incanti, appunto.

«Un titolo che ipotizza di per sè qualcosa di paradisiaco» come ebbe a dire il critico d’arte Gillo Dorfles. Spesso, invece, vuoto, deserto chiuso al pubblico. Come quest’estate. «Una tristezza» racconta Mariani impegnato a ferragosto in un sopralluogo di lavoro sulle rive. «L’edifizio è bellissimo. È un peccato che rimanga chiuso».

Che fare allora? Per ora si brancola nel buio. È una situazione ereditata dall’attuale amministrazione comunale. Il contributo di idee che arriva dal recente passato è notevole. E coinvolge anche l’ex Magazzino Vini. Per l’ex Peschiera si è parlato di tutto: dal museo della fotografia digitale dell’Alinari all’ampliamento dell’Aquario, dal centro congressi al “parchetto” del Mare, dal deposito delle statue di Mikaze e Jakeze all’esposizione permamente dei capolavori istriani. Di tutto e di più. Un contenitore bellissimo ma con il problema dell’altezza, dell’acustica e della luce. Tipico di uno spazio aperto. Una piazza coperta più che un salone. Meglio per installazioni artistiche di grandi dimensioni: il problema è che le opere di grandi dimensioni non ci sono le porte da cui farle entrare e neppure i pavimenti in grado di reggerle.

«È uno degli obiettivi che ha l’assessore alla Cultura» chiarisce il sindaco Roberto Cosolini. Il primo obiettivo è di tenerla aperta 365 giorni all’anno a partire dal 2012. Per fare che cosa? «Non c’è ancora un progetto organico. Ci stiamo lavorando. Non possiamo sbagliare», ammette il sindaco che non nasconde i problemi legati ai «limiti della ristrutturazione» dell’ex Pescheria».

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