Eccidio di Prosecco, devastato il monumento
Vandali in azione sul monumento dedicato alla memoria dei dieci civili impiccati nel 1944 in località stazione di Prosecco.
Ignoti hanno abbattuto la croce in pietra e la targa eretta sul manufatto che ricorda le vittime di una delle più feroci rappresaglie perpetrate dai nazisti in queste terre durante la Seconda guerra mondiale.
Venerdì scorso, a 76 anni da quei tragici fatti, diverse persone avevano reso omaggio alle vittime. Sul monumento, sito nel Comune di Sgonico, era stata apposta una corona di alloro. Quella stessa corona, assieme ad un vaso di fiori, è stata ritrovata dinanzi al monumento da un paesano che ha constatato come anche la pesante croce in pietra (si stima che il suo peso sia di almeno 30 kg) e la targa commemorativa, fossero state abbattute.
«È stata fatta regolare denuncia alla Polizia. Sono intervenute la scientifica e la Digos: siamo davvero basiti», ha commentato Matija Spinazzola, presidente della sezione Anpi “Anton Ukmar – Miro” di Prosecco-Contovello.
In base alla memoria e alle testimonianze raccolte, questa è il primo raid vandalico ai danni del monumento dedicato ai dieci civili uccisi dai nazisti il 29 maggio 1944 in una radura vicino alla stazione di Prosecco. Giorgio Beznia, Andrej Brežec, Mario Derin, Rok Klarin, Albert Matulič, Silvano Petracco, Armando Valerio, Svetko Vatovac, Josip Švara e Livio Zubin vennero prelevati dal Coroneo, portati in Carso ed impiccati, in uno dei più terribili eccidi attuati dai tedeschi contro la popolazione civile. Quella rappresaglia ebbe diversi testimoni, costretti dai nazisti ad assistere alle impiccagioni. Tra questi Karlo Ukmar, all’epoca un ragazzino, prelevati come altri giovani paesani dalla Todt per operare nel campo di lavoro allestito vicino alla stazione di Prosecco. Ukmar – come riportato dal quotidiano Primorski Dnevnik – ancora oggi ricorda nitidamente quei tragici eventi: «I tedeschi arrivarono, erano armati, e costrinsero diversi paesani a seguirli. Intorno alle 10 eravamo tutti lì e ci misero in fila. Pensavamo che il patibolo che avevano installato fosse per noi. Non era così. Un camion arrivò e portò dieci prigionieri da Trieste. Seguì un discorso in tedesco e l’interprete lo tradusse in italiano. Dissero di aver portato dei prigionieri, questa volta, ma che la volta successiva avrebbero scelto tra di noi. Gli ostaggi furono quindi impiccati, uno per uno. Ricordo che uno di questi era più alto, quindi toccò il suolo, urlando orribilmente. Uno dei tedeschi ci saltò sopra e lo tirò a terra. Così la tortura finì».
In attesa dell’esito delle indagini, resta da capire come mai i nomi delle vittime non siano stati lordati con lo spray nero come quasi sempre accade durante questi raid. «Forse, e me lo auguro, si è trattato di una bravata e non di un gesto politico – conclude Spinazzola – ma forse i malintenzionati non hanno avuto il tempo di finire ciò che avevano iniziato».—
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