«Dormono sul lavoro», in tre licenziati dalla Fincantieri

La lettera consegnata agli operai parla di «giusta causa». Ma le Rsu: «I dipendenti hanno fornito giustificazioni opposte»
Il cantiere della Fincantieri a Monfalcone
Il cantiere della Fincantieri a Monfalcone

TRIESTE Licenziati in tronco perché trovati a dormire durante il turno notturno di lavoro. Due cantierini, l’altra sera, giunti allo stabilimento di Panzano per la consueta presa in servizio alla salderia B, sono stati bloccati. È stata loro consegnata la lettera di licenziamento, già comunque inviata per raccomandata. Per un terzo operaio dello stesso reparto, la raccomandata è giunta ieri. E venerdì mattina è partito lo sciopero, indetto dalle Rsu Fim-Fiom-Uilm di stabilimento. Due ore di astensione dal lavoro per ogni fine turno.

Sulla vicenda si sono concentrate due versioni opposte. Quella aziendale che, attraverso la lettera di licenziamento, attribuisce l’estrema decisione alla «giusta causa». E quella degli operai coinvolti che nella loro giustificazione formalizzata all’azienda, forniscono circostanze e motivazioni di altro tenore.

Sta di fatto che per i sindacati «le spiegazioni addotte dal capo prodotto - viene evidenziato in una nota - contrastano totalmente con quanto dichiarato dall’intero gruppo degli operai che hanno ricevuto le contestazioni». Mentre la lettera aziendale esplicita il «licenziamento per giusta causa, essendo venuto meno il rapporto fiduciario e contrattuale rispetto ai compiti assegnati ai lavoratori nella linea produttiva». Una scelta, quella assunta dall’azienda, in virtù del fatto che gli operai erano stati «colti in flagranza» a dormire durante il turno notturno, al di fuori dell’orario di pausa consentito, viene sostenuto nella contestazione disciplinare.

La pausa pagata, mezz’ora, rientra tra le 2 e le 2.30 di notte. Una condizione per la quale, viene ricordato, ogni modifica, legata solo a esigenze produttive o a particolari necessità da parte delle maestranze, richiede comunque la necessaria autorizzazione da parte del capo officina e del capo prodotto.

Quella notte il capo officina, dopo aver assegnato i compiti, s’era assentato per controllare altre lavorazioni. Una volta rientrato, gli operai non erano presenti al blocco di produzione. Il capo officina li ha trovati a dormire nelle panche dei container. Li ha svegliati e i lavoratori sono tornati alla loro mansione.

Eppure le giustificazioni formalmente presentate all’azienda dagli operai in questione, hanno osservato le Rsu, forniscono scenari e motivazioni ben diverse. Stavano riposando. E la pausa è subentrata quando la lavorazione era a buon punto, se non quasi ultimata. Le Rsu sono certe: «La discrezionalità sulla scelta oraria della sosta lavorativa era stata concordata».

Insomma i sindacati hanno sottolineato: «Riteniamo gravissimo il procedere da parte dell’azienda ad un provvedimento estremo, in una vicenda poco chiara. Procedendo con un provvedimento così pesante che di fatto tiene conto solo della versione del capo prodotto su quanto accaduto, l’azienda si assume la totale responsabilità della cacciata di questi lavoratori e delle inevitabili ricadute su loro stessi e sulle loro famiglie». I sindacati parlano di «arbitrario pugno di ferro usato sui lavoratori scaricandovi colpe che in realtà sono tutte aziendali». Moreno Luxich, della Fiom-Cgil, ha posto l’accento sulla «pausa flessibile concordata: lo hanno dichiarato tutti i lavoratori». Con Michele Zoff, della Fim-Cisl, a parlare di «scelta unilaterale e affrettata». «L’organizzazione del lavoro - ha aggiunto - ha creato malcontento generale. Da anni poi i livelli non sono riconosciuti, nè i premi di produzione. Questi lavoratori, inoltre, non hanno mai subito rapporti disciplinari, si sono sempre comportati nel rispetto delle regole». Andrea Holjar, della Uilm, ha definito «ambigua la vicenda: se sono stati trovati in pausa più operai, possibile che tutti hanno stracapito sulla libera scelta della pausa-lavoro? Certo che il licenziamento - ha concluso - ha spiazzato tutti». L’azienda, da parte sua, ha fatto sapere: «Quanto è stato acquisito è sufficiente per sostenere il licenziamento per giusta causa». Nè risulta alcun accordo in ordine alla discrezionalità della pausa, una versione che, è stato riferito, confligge con quanto invece dichiarato da un altro collega di lavoro.

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