Diventeranno poli museali i bunker di Tito a Osijek

L’idea dei Comuni croati in cui furono scavati i tunnel, coinvolta anche l’Ungheria. Sul vicino porto del Danubio ogni anno 400 navi di turisti, per lo più americani

OSIJEK. Trasformare i bunker di Tito costruiti negli anni Cinquanta del secolo precedente contro una possibile invasione della Jugoslavia da parte dei sovietici e degli ungheresi (ricordiamo che con lo strappo del Cominform del 1948 il Maresciallo aveva in pratica rotto con il blocco comunista guidato da Mosca) in obiettivi turistici. È questa l’idea che è stata proposta dagli amministratori locali della regione di Osijek in Croazia (Slavonia orientale). A essere interessati sono soprattutto i comuni di Erdut e di Aljmaš e il ministero del Tursimo della Croazia ha immediatamente espresso il proprio favore a seguire il progetto.



L’idea, per Zagabria, potrebbe altresì essere sviluppata con un progetto comune con le municipalità ungheresi dove esistono eguali infrastrutture sotterranee a loro volta eseguite negli stessi anni per contrastare un eventuale invasione delle terre magiare da parte dell’Armata popolare jugoslava (Jna). Insomma c’è la volontà di trasformare questa porzione di guerra fredda in salsa comunista in un vero e proprio museo stimolando anche l’Unione europea a prendere parte allo sviluppo dell’idea con i dovuti finanziamenti.

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Il progetto pensa di trasformare, infatti, i tunnel in una sorta di musei multimediali per raccontare la storia della Jugoslavia ai tempi della guerra fredda, di tutte le circostanze che hanno condotto ad esse nonché le relazioni e gli attriti politici e militari lungo entrambi i lati della cosiddetta Cortina di ferro. «Tutti sapevamo dell’esistenza dei bunker ma a nessuno di noi era consentito parlarne, neppure tra di noi», spiega il presidente del consiglio comunale di Aljmaš, Ivica Stanković. «Qui, dove troviamo ora le case del week end degli abitanti di Osijek - prosegue - non c’erano abitazioni. E gli stessi ingegneri militari che li hanno progettati sono rimasti, dopo la realizzazione, qui in zona quasi in una sorta di esilio onde garantire la segretezza. I bunker sono due, una sotto il Calvario della nostra via crucis che porta al santuario della Madonna della consolazione e l’altro vicino al fiume Danubio».



I tunnel chiusi da possenti cancellate negli anni Novanta si sono perfettamente conservati. Si possono notare ancora gli spazi destinati all’armeria, i condotti di aerazione, le “stanze dove avrebbero dormito i soldati”. Se il tunnel verso il Danubio avrebbe avuto il compito di contrastare un’eventuale invasione, quello sotto il Calvario avrebbe dovuto fungere da ospedale per i cittadini della vicina Osijek. «Noi ci aspettiamo molto dal possibile utilizzo turistico di queste strutture - spiega il vice sindaco di Erdut, David Sušec - anche perché nei pressi d Aljmaš c’è un porto fluviale sul Danubio che ogni anno serve circa quattrocento navi da crociera lungo l’imponente via d’acqua, navi che ospitano soprattutto turisti americani ai quali sicuramente interesserebbe vedere e conoscere questa parte di storia del secolo scorso».

Un primo passo in questa direzione è stato fatto quando il ministero della Difesa croato ha trasferito la proprietà dei suddetti bunker alla Regione di Osijek e agli enti locali interessati. In questi primi mesi dell’anno i comuni croati e quelli ungheresi prepareranno i singoli progetti scrivendo come si erano vissuti quegli anni della Guerra fredda nei rispettivi Paesi per avere così una visione completa delle vicende nell’intera regione a cavallo del confine. Il Comune di Aljmaš vorrebbe includere nell’itinerario museale e turistico anche due bunker successivi a quelli di Tito scavati invece dai soldati tedeschi durante la Seconda Guerra mondiale, proprio per offrire una visione storica la più completa possibile.

A sposare l’idea anche il professor Tvrtko Jakovina, una vera autorità in Croazia per i suoi studi sul secondo conflitto mondiale e la Guerra fredda che ne è seguita. «Ritengo che potrebbe essere molto interessante il progetto visto che nascerebbe in un luogo diciamo così inatteso e se gli albanesi hanno trasformato i bunker di Enver Hoxha in discoteche, qui noi potremo offrire delle “dependance” della Guerra fredda». Jakivina, tuttavia, frena un po’ gli entusiasmi temendo un qual disinteresse delle autorità croate relativamente a una parte di storia che non riguarda la Croazia indipendente.
 

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