Dia: in Fvg la mafia avanza col riciclaggio
TRIESTE. Oltre 2 mila segnalazioni di flussi bancari sospetti in Friuli Venezia Giulia nel giro di sei mesi. È soprattutto con il riciclaggio che la criminalità organizzata sta mettendo radici in regione. L'ultimo report sul secondo semestre 2015 preparato dalla Dia, la Direzione investigativa antimafia, conferma il fenomeno. Il documento, appena pubblicato dal ministero dell'Interno, descrive per filo e per segno le attività di indagine avviate in Italia e all'estero per contrastare le mafie italiane, da Cosa Nostra alla 'Ndrangheta, passando per quella campana e pugliese.
Che il territorio regionale sia ormai una metà consolidata, seppur in forma decisamente inferiore rispetto a realtà del Nord come la Lombardia, è risaputo: edilizia, appalti pubblici, operazioni finanziarie, giri di società e prestanome sono più volte entrati nel mirino degli inquirenti. L'indagine di queste settimane sulla ristorazione triestina è un'altra spia possibile su un mondo sommerso. Le 2.217 operazioni setacciate dalle forze dell'ordine rappresentano l'1,22% del totale registrato in tutto il Paese. Circa 200 di queste hanno innescato ulteriori indagini per scoprire eventuali collegamenti con cosche o 'ndrine, mentre il resto è confluito nei più normali accertamenti della Guardia di finanza chiamata a verificare le ipotesi di reato.
Una goccia, si direbbe, se si confrontano i numeri che altri territori si trovano a fronteggiare: si va dalle 38.812 segnalazioni della Lombardia (21,31%), alle 18.680 del Lazio (10,26%) o alle 12.685 (6,96) dell'Emilia Romagna e le 11.771 (6.46%) del Veneto, ad esempio. Il ministero ha messo in atto un sistema di monitoraggio in tempo reale. Gli "avvisi" su transazioni poco chiare, o comunque dubbie, possono partire innanzitutto dagli stessi istituti di credito.
È poi l'ufficio di controllo della Banca d'Italia, l'Uif (Unità di informazione finanziaria), a trasmetterle all'autorità giudiziaria. I passaggi sospetti, compresi i flussi tra società, vengono quindi tracciati sia dalla Dia che dai database della Dna, la Direzione nazionale antimafia. Uno strumento, questo, capace di fornire elementi precisi su procedimenti penali e condanne a carico di un soggetto. Ma anche tutti i possibili legami con le famiglie malavitose del Sud. O se, semplicemente, lo stesso nome spunta da altri fascicoli. Tutte informazioni che vengono trasmesse in tempo reale tra i rispettivi organismi. È a quel punto che la lente di ingrandimento si avvicina sui documenti contabili e fiscali, fino alle rispettive proprietà. Si tratta dunque di transazioni finanziarie che dal punto di vista bancario non sono ritenute adeguate o giustificabili dall'andamento economico di un'impresa o di una singola persona.
Bonifici troppo elevati, versamenti di contante e di assegni, l'improvviso ritiro di cospicue somme di denaro depositate in banca, passaggi di denaro tra ditte fallite o in fase di liquidazione: sono tutti segnali di "anomalie" che possono mettere sul chi va là i direttori di banca.
Soldi, come noto, che spesso poi entrano nei circuiti del commercio legale con le compravendite immobiliari, nell'attività edile o nella ristorazione. L'intera relazione della Dia su tutta l'attività di contrasto alla mafia, per il Friuli Venezia Giulia non porta a galla nuovi casi. L'ultimo, sul giro di pizzerie e locali, è spuntato in queste settimane. Il documento fa riferimento però a nuovi collegamenti del territorio regionale con la 'ndrangheta calabrese. «Il Friuli Venezia Giulia - si legge nel corposo plico presentato anche in Parlamento - al pari del Veneto può rappresentare un'area di interesse». L'attività di prevenzione "dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio" conferma complessivamente, in Italia, "un aumento quasi geometrico delle segnalazioni avvenute". Sono 182.129 in totale, precisa lo studio della Dia. Dati cresciuti "esponenzialmente" anche grazie agli obblighi imposti dalle normative e dalla nuove procedure informatiche.
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