Dehors, lunedì voto finale In lista di attesa 430 pratiche
Volere, stavolta, non è potere. In fatto di dehors non c’è autoconvincimento che tenga. C’è un bello scarto tra ciò che baristi e ristoratori avrebbero voluto fare e quello che potranno fare in ossequio alla legge, il Codice Urbani, e all’istituzione che vigila sul rispetto della stessa, la Soprintendenza regionale. Ne sanno qualcosa gli esercenti di Grado, tanto per tirare fuori l’esempio più lampante. Tuttavia sono ore, queste, di sorrisi e dita mostrate a mo’ di “V” di vittoria, pure tra i graduati della Fipe triestina: non sarà proprio l’epilogo che sognavano, se è vero che le restrizioni superano le concessioni, però proprietari e gestori di locali pubblici si risparmieranno di certo l’incubo di dover rinunciare a ogni tipo di arredo esterno ora che arriva la bella stagione. Con buona pace del Comune, qui incarnato dall’assessore all’Urbanistica Elena Marchgiani, che alla fine è riuscito a tirare le fila della mediazione e a preparare per l’appunto, giusto in tempo, il nuovo “Regolamento per l’occupazione di suolo pubblico o aperto al pubblico con dehors”.
Lunedì infatti, a meno di colpi di scena, il provvedimento - licenziato lunedì dalla giunta Cosolini - sarà approvato in via definitiva dal Consiglio comunale. Dal giorno dopo potranno cominciare a partire verso il Municipio qualcosa come 430, più o meno, pratiche riguardanti altrettanti locali. Dovranno recare (su questo punto sono in corso limature tecnico-amministrative tra le parti) la richiesta di un doppio permesso secondo il nuovo Regolamento: l’ok all’occupazione del suolo pubblico, di competenza comunale, e la cosiddetta autorizzazione monumentale, che spetta invece alla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici, retta dall’architetto Giulia Maria Picchione, la cui istanza sarà inoltrata all’organismo ministeriale direttamente dal Comune. Due pratiche in una, nel nome della semplificazione.
Giusto in tempo, si diceva: il 30 aprile scade la proroga - sottoscritta in autunno tra l’amministrazione Cosolini e l’ente di Picchione - in base alla quale i dehors esistenti in città potevano continuare a essere com’erano in attesa proprio di un nuovo Regolamento su cui, all’epoca, si stava trattando. Dal primo maggio, insomma, se la partita non si fosse chiusa, sarebbero - in senso figurato, s’intende - scattate le ruspe, coi turisti costretti magari a sedersi sui marciapiedi col gelato in mano. Così non sarà. Le ruspe arriveranno solo se qualche esercente continuerà ad accogliere all’esterno del locale i clienti con arredi che saranno stati bocciati. In attesa che arrivino il sì o il no ai nuovi progetti, «non si tira via niente», per dirla alla Bruno Vesnaver, il presidente Fipe di casa nostra, che evoca un tacito accordo di “tolleranza”, a patto ovviamente che l’esercente abbia fatto partire la pratica di regolarizzazione tra martedì prossimo e la fine del mese. Questo perché è chiaro che - i tempi della burocrazia sono noti - le risposte di Comune e Sopritendenza difficilmente potranno arrivare entro il 30 di aprile. Il nuovo iter autorizzativo, però, sarà in corso.
Ma cosa prevede tale iter? Che la “monumentale” la debba timbrare un professionista abilitato (un architetto per circolare ministeriale, in alternativa un geometra per il Municipio). Costo: un mezzo migliaio di euro a domanda, grosso modo. «Stiamo lavorando per attivare convenzioni a tariffe agevolate», osserva Vesnaver. I progettini - nel cosiddetto «ambito A», ovvero il centro - non dovranno prevedere poltroncine, fioriere e pedane. Sono consentiti solo «arredi mobili»: tavolini, sedie e ombrelloni. Niente “stili liberi” e colori sgargianti. La tinta unita è d’obbligo: scura per tavolini e sedie, chiara per gli ombrelloni ed eventuali tende. Marchigiani (si legga nell’articolo a lato) per la cronaca ci ha provato fino all’ultimo, portando in Soprintendenza il plico delle osservazioni venuto dalle circoscrizioni, che chiedevano un ulteriore ammorbidimento. L’ultima apertura firmata da Picchione è stata che, letteralmente, «casi che rivestono carattere di “eccezionalità”, non rientranti nelle fattispecie d’intervento disciplinate dal Regolamento, potranno essere valutate, in base alla normativa di tutela, caso per caso». Uno spiraglio per chi tiene a mantenere divanetti (piazza Unità) e pedane (Ponterosso). Uno spiraglio, sia chiaro, ma nessuna garanzia alla cieca. Domandare una deroga sarà lecito. E altrettanto lecito, per la Soprintendenza, sarà dire sì, o anche no.
@PierRaub
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