Dall’Africa la tecnica contro gli insetti nocivi
TRIESTE Uccidono più persone in un anno di quanto non abbiano fatto le bombe nel corso dei due conflitti mondiali. Sono indispensabili per l’agricoltura, anche se i danni che causano alle coltivazioni sono incalcolabili. Sono gli insetti. Mortiferi quando causano la malaria o la febbre dengue, preziosi quando finiscono su una tavola imbandita con tutto il proprio carico proteico. L’intervento a Trieste Next di Segenet Kelemu, direttrice generale del Centro internazionale per la fisiologia degli insetti di Nairobi, ha portato l’attenzione su questi animali. Tra gli ospiti più attesi del festival scientifico, Kelemu ha preso parte a un incontro organizzato dalla Twas, l’Accademia mondiale delle scienze che è stata fondata proprio a Trieste nel 1983. Al suo fianco sono intervenuti Michele Morgante, dell’Università di Udine, e Alessandro Vitale, dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria-Cnr di Milano.
Quasi due miliardi di persone al mondo si cibano di insetti, gli stessi che garantiscono l’impollinazione delle piante (il 70% del cibo mondiale ha bisogno dell’impollinazione). Le ricerche della Kelemu si stanno rivelando fondamentali in un Paese, quello africano, che sta faticosamente cercando di risalire la china, grazie anche all’apporto delle donne, da sempre in prima linea nell’economia agricola africana. La scienziata, grazie ai suoi studi che le hanno riservato molti riconoscimenti internazionali, si sta impegnando sul fronte della lotta alla fame, in uno scenario mondiale che nel 2050 vedrà una popolazione di 10 miliardi di persone.
Come può la ricerca contrastare la piaga della malnutrizione? In molti modi, alcuni dei quali risultano essere molto semplici e facilmente applicabili. È il caso della tecnologia “push-pull”, un metodo che viene sperimentato da due decenni in Africa e che permette di combattere gli insetti nocivi e le erbacce infestanti, incrementando contemporaneamente la quantità di foraggio per il bestiame. Questa tecnica prevede l’utilizzo di piante dalle proprietà repellenti per certi insetti (push) e la recinzione del terreno con piante trappola (pull), che attraggono gli insetti ai limiti dell’appezzamento agricolo, dove la loro presenza non risulta essere dannosa. Le stesse piante, in un secondo momento, vengono poi utilizzate come foraggio. Le sostanze liberate dalle radici delle piante “push”, inoltre, inibiscono lo sviluppo delle erbacce parassite che rubano il nutrimento alle colture. L’utilizzo dell’ingegneria genetica, secondo la Kelemu, può rappresentare un efficace strumento di contrasto alle carenze alimentari. Eppure la parola Ogm fa ancora paura, specialmente in Italia. C’è molta disinformazione, a riguardo, anche se non esistono delle evidenze scientifiche sulla pericolosità degli organismi geneticamente modificati. «Molto probabilmente i corn flakes che mangiate a colazione contengono Ogm – ha spiegato Kelemu - . L’80% della soia prodotta al mondo nel 2014 è stata geneticamente modificata e questo processo viene adottato per moltissime altre coltivazioni. In questo modo sono state risolte alcune problematiche agricole molto serie».
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