Dal medico alla moglie dell’avvocato: i clienti “vip” del negozio bio con il vizietto dei furti

Rubati da NaturaSì di via Fabio Severo prodotti per un valore di decine di migliaia di euro. E ora stanno per partire le denunce
Uno dei ladri "pizzicati" dalle telecamere di sorveglianza
Uno dei ladri "pizzicati" dalle telecamere di sorveglianza

TRIESTE C’erano una volta i furti dettati dall’indigenza, quelli commessi per “sfida” da adolescenti alle prese con il classico periodo di ribellione e cleptomania seriale, e quelli politici chiamati anche espropri proletari. Ora la gamma si arricchisce di una nuova tipologia di colpi. L’ultimo fenomeno sociale in fatto di taccheggi è il “furto vip”. “Biofurto vip” per la precisione, visto che il bottino di questi ladri decisamente benestanti è rappresentato proprio da alimenti biologici, prodotti macrobiotici e bevande biodinamiche. Non proprio generi di prima necessità, insomma.

L'interno del negozio in via Fabio Severo (Foto Silvano)
L'interno del negozio in via Fabio Severo (Foto Silvano)


Conosce fin troppo bene questa categoria di Lupin attenti alla sana alimentazione il personale del negozio della catena NaturaSì di via Fabio Severo. Lì negli ultimi mesi titolare e dipendenti si sono resi conto della progressiva sparizione di molte tipologie di articoli, tutti rigorosamente a marchio bio. Qualche esempio? A volatilizzarsi dagli scaffali sono scatolette di acciughe esotiche da 10 euro, il pregiato tè matcha da 14 euro la confezione e i pacchi di dolcificante alla stevia da 20 euro. Così come prodotti da cosmesi (sempre bio), deodoranti, profumi e perfino articoli farmaceutici da banco per combattere la cistite.

«Chi lavora nel settore della grande distribuzione sa che la sparizione di un certo numero di prodotti per taccheggio è da mettere in conto - spiega Carina Borlini, titolare del negozio -. Ma facendo delle proiezioni fra vendita e incasso mi sono presto resa conto che eravamo fuori parametro. La nostra percentuale di perdita a bilancio dovuta ai furti corrisponde al 3% - racconta - quando la quota fisiologica media prevista per i supermercati come il nostro è dello 0,2 - 0,3% al massimo». Una perdita, perciò, pari a sette volte quanto normalmente previsto in un normale negozio di merce varia. Corrispondente per questo NaturaSì a 50 mila euro da inizio anno, che diventano verosimilmente 100 mila nell’arco dei dodici mesi.

Insomma, i numeri degli incassi nel punto vendita bio, aderente ad una catena presente in tutta Italia con più di 400 supermercati e negozi, proprio non tornavano. «Così i miei dipendenti hanno cominciato a guardare le telecamere a circuito chiuso presenti nel negozio - prosegue Borlini - e si sono resi conto di quanti furti stavano avvenendo ogni giorno».

Sorpresa nella sorpresa, però, ben presto la titolare e i suoi dipendenti, visionando i filmati delle telecamere di sorveglianza, hanno scoperto anche gli autori dei furti. E tra loro hanno riconosciuto il noto commercialista, la moglie dell’avvocato, la dottoressa, il pensionato benestante e il giovane naturista di buona famiglia. Tutte persone senza particolari problemi economici abituate a mettere a segno furti su furti come se niente fosse, seguendo una tecnica collaudata. Gli articoli da sgraffignare vengono presi dagli scaffali e inseriti nel carrello; poi, una volta raggiunta una corsia o una zona ritenuta non coperta dalle telecamere, quegli stessi articoli vengono magicamente fatti scivolare all’interno di borse, zaini o tasche. A quel punto, completata la “magia”, i ladri macrobiotici possono raggiungere le casse dove, per non dare nell’occhio, pagheranno comunque qualche articolo, magari solo una bottiglia d’acqua o una confezione di gallette di riso. Il resto, come detto, rimane ben nascosto in borse, borsette e cartelle personali. Firmate, ovviamente.

«Sono rimasta allibita - continua Borlini nel suo racconto -. Inizialmente non volevo nemmeno crederci, poi ho dovuto ammettere che i sospetti dei miei dipendenti erano più che fondati. Eppure parliamo di persone assolutamente benestanti, che vivono nel quartiere, ci danno del “tu” e che in qualche caso, una volta messe di fronte al fatto compiuto, hanno addirittura avuto il “coraggio” di risentirsi».

Il sospetto dei dipendenti ora verrà premiato. «A loro andrà la metà della somma che riusciremo a recuperare grazie ai mancati furti da qui a fine anno». Perché il lavoro fatto per portare a galla i responsabili degli ammanchi è stato lungo e certosino. «Ore e ore di osservazioni di telecamere a circuito chiuso a velocità raddoppiata - spiega Davide, uno dei dipendenti -. E poi il confronto degli scontrini emessi, che ci ha permesso di scoprire i taccheggi e, fatto ancora più sconcertante, gli autori degli stessi». Già, perché gli habitué del furto “bio” sono clienti così affezionati da concedersi di pagare - la minima parte non rubata della loro spesa - con le tessere fedeltà.

E non è bastata nemmeno la comparsa degli armadietti all’entrata del negozio per il deposito di zaini e zainetti e la comparsa di una persona incaricata proprio di far rispettare quest’obbligo per risolvere il problema: tali misure non hanno fatto altro che stizzire la clientela sospettata. «A questo punto - conclude la titolare Carina Borlini - posso dire serenamente che, filmati alla mano, faremo partire le denunce. Sappiamo chi sono e non si tratta di certo di ragazzini in preda a deliri da cleptomania adolescenziale. Molti di loro sono degli stimati professionisti, conosciamo i loro nomi e cognomi e perciò vogliamo che sappiano che andremo fino in fondo». —
 

Argomenti:furtinegozi

Riproduzione riservata © Il Piccolo