Da paracadutista a sacerdote: la nuova vita di don Marco

Il sacerdote ronchese Minin, 45 anni, è diventato cappellano militare della “Julia”. Dalla leva al 1° Reggimento fanteria San Giusto iniziò il suo percorso nelle forze armate 
Don Marco in mimetica in un’arrampicata
Don Marco in mimetica in un’arrampicata

RONCHI Alle spalle una laurea in Storia contemporanea, oltre agli studi alla Pontificia università gregoriana per 7 anni che l’hanno portato all’ordinazione sacerdotale nel 2008, ma anche tre missioni all’estero, in Kosovo, Afghanistan e Iraq, il ronchese don Marco Minin, 45 anni, è diventato a fine dicembre il cappellano militare della Brigata alpina Julia e quindi guida spirituale di alcune migliaia di uomini. Agli studi teologici è arrivato dopo gli studi universitari a Trieste e la leva svolta al 1° Reggimento fanteria San Giusto. «A quel punto è arrivata la scelta di entrare nell’Ordinariato militare», spiega, facendo comprendere come la strada sia subito stata quella di «servire», ma restando nell’ambito delle forze armate. Da lì è iniziato un percorso che l’ha portato all’Istituto di studi militari dell’Esercito a Torino e poi, sempre nel capoluogo piemontese, alla Scuola allievi Carabinieri. «Avevo chiesto di poter servire alla Brigata Folgore a Livorno, e nel 2014 sono stato trasferito – racconta –. Ho svolto il mio servizio con soddisfazione».

Don Marco con la veste a una cerimonia
Don Marco con la veste a una cerimonia


Alle spalle già un’esperienza personale di paracadutismo, don Marco alla Folgore ha svolto il corso di addestramento con il paracadute militare ed effettuato i lanci con gli altri componenti della brigata. «È un modo per entrare nel cuore dei ragazzi – dice –. Quello militare è un mondo con un forte senso corporativo e identitario, nonostante l’ingresso delle donne, un valore aggiunto indiscutibile». Don Marco sottolinea di «aver avuto il privilegio così di andare in missione all’estero. Per un cappellano militare è un’esperienza forte in un contesto che porta le persone a cercare punti di riferimento e momenti di comunità», aggiunge, spiegando come il cappellano non si trovi mai in «prima linea», pur operando in ambiti che possono essere di pericolo, come in Afghanistan e a Baghdad, dov’è rimasto un anno, nel 2017, con i Carabinieri nella scuola di formazione della polizia irachena. «Nel 2013 in Afghanistan la situazione era senz’altro più complicata, ma restando in base a rischio ci sono solo gli spostamenti tra l’aeroporto e la base», prosegue don Marco, che come cappellano ha raccolto indirettamente testimonianze e apprensione. «Si tira un sospiro di sollievo quando i ragazzi sono rientrati tutti – dice –. Con i miei genitori, quando ci sentivamo, si parlava delle cose di ogni giorno: non mi hanno mai fatto domande su quanto stava accadendo». Alla Julia don Minin arriva dal Comando regione Fvg della Guardia di Finanza di Trieste, dove è arrivato nel 2018 dopo aver chiesto un avvicinamento a casa per stare vicino alla madre, ex dipendente del Cotonificio di Gorizia, ammalatasi a causa dell’esposizione all’amianto e scomparsa lo scorso luglio. Un incarico quello al Comando regionale delle Fiamme oro che per ora manterrà, non essendo ancora stato indicato un sostituto. «Dovunque sia andato, tutto nasce dal rapporto umano, dal convivere attività ed esperienze», sottolinea don Marco, che, di base dal 9 dicembre al comando di Brigata a Udine, alla domenica, a differenza dei suoi colleghi civili, si ritrova pressoché da solo. «Ora i militari il fine settimana lo trascorrono a casa, nel territorio – spiega –, quindi, come nei miei precedenti incarichi, cercherò una parrocchia cui posso dare una mano». —

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