Da baracca nei campi a osservatorio leader: Farra scopre 222 asteroidi

Quel prototipo costruito da due ragazzini cinquant’anni fa oggi conta su una struttura prima in Italia con 4 mila soci
Bumbaca Gorizia 08_08_2019 Osservatorio astronomico di Farra © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 08_08_2019 Osservatorio astronomico di Farra © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

FARRA Due ragazzi neanche maggiorenni, un campo, un telescopio. E un’attrazione irrefrenabile per il cielo infinito. Affermare che il Centro culturale Astronomico di Farra d’Isonzo è partito dal nulla è un eufemismo. Eppure quell’osservatorio di fortuna costruito da Gianni Ierman e Fulvio Bressan con materiali di recupero oggi è diventato un’eccellenza assoluta non solo per l’Isontino, ma per la comunità scientifica internazionale. Eh già, perché con i 222 asteroidi scoperti nel corso della sua storia ormai cinquantennale, il Ccaf è al 57esimo posto tra i più prolifici al mondo. E in Italia? «Beh, in Italia siamo i primi in questa particolare classifica – sembra schermirsi sotto i folti baffoni Luciano Bittesini, socio dagli anni ’80 e presidente dal 1991–. E dei 56 che ci stanno davanti, solo una decina non sono pubblici come noi, e solo 2 gestiscono anche un planetario».

Bumbaca Gorizia 08_08_2019 Osservatorio astronomico di Farra © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 08_08_2019 Osservatorio astronomico di Farra © Fotografia di Pierluigi Bumbaca


Il circolo è nato nel 1969 come associazione, con la costruzione del primo rudimentale osservatorio, ma si è costituito con atto notarile nel 1975. Da allora è stata un’escalation di interventi migliorativi che l’hanno portato a contare su due specole, una sala conferenze, una sala controllo e una terrazza di osservazione, e un innovativo planetario. Un valore teorico più a sei che a cinque zeri. «Oggi i due “ragazzi pionieri” sono ancora con noi – spiega Bittesini, un passato da pilota aeronautico –. E forse il nostro segreto è proprio questo, la continuità di un’attività di volontariato che richiede molti sacrifici ma dà anche molte soddisfazioni. Gli americani ci chiamano “non professionisti”, ma mi piace pensare che negli anni siamo riusciti a essere altamente professionali. E questo ce lo riconoscono anche loro e i giapponesi, i due Paesi maggiormente all’avanguardia in questo campo e con i quali ci siamo a lungo rincorsi fra scoperte e risultati».

Il centro, che si giova di contributi regionali e istituzionali ma soprattutto della manodopera e delle intuizioni dei soci, svolge attività di ricerca, scoperta e astrometria sui corpi minori del sistema solare oltre che una notevole attività divulgativa. I soci sono quasi 4 mila, da tutta Italia ma anche da Austria, Slovenia, Croazia. Il complesso di strada della Colombara è stato il primo a scoprire, in Italia, un asteroide della famiglia Apollo, oggetti fra i più pericolosi per il pianeta terra. «Abbiamo scoperto degli oggetti anche alcune settimane fa» rivela Bittesini dal “cervello” del complesso, la sala controllo dove i pc gestiscono in remoto i due telescopi. Agli scopritori di asteroidi viene concessa la facoltà di assegnare un nome proprio all’oggetto scoperto. «Nel caso particolare, ciò avviene dopo alcuni anni di osservazione, fino a quando l’orbita del nuovo asteroide diventa ben determinata. Tra quelli scoperti a Farra, il primo a essere stato catalogato, con il numero 6501, è stato battezzato con il nome Isonzo, per rappresentare tutti coloro che hanno partecipato alla nascita e alla crescita del Ccaf. A Isonzo se ne sono aggiunti altri. I nomi degli scopritori rimangono fra noi soci, è una regola interna» spiega il presidente.

Negli ultimi anni i lavori che hanno permesso al Centro di compiere il definitivo salto di qualità: la ristrutturazione del planetario, eliminando la tensostruttura in favore di una semisfera in vetroresina che ospita l’ “astronave” per i viaggi virtuali nello spazio; e l’ascensore per le stelle, l’elevatore che permette a tutti di raggiungere il terrazzo, una tappa obbligata durante le visite guidate accessibile anche ai disabili. Sulla terrazza, i due telescopi principali: quello da 60 cm e quello da 40 cm di diametro, che uniti a quelli portatili consentono persino lo studio diurno del Sole. «Da qui – assicura Bittesini – possiamo vedere una candela accesa sino a New York». –


 

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