Cultura, Fiume Capitale al via fra l’Inno alla gioia e le sirene delle navi
FIUME Tre, due, uno. Tri, dva, jedan. La folla fa il conto alla rovescia finché, allo scoccare di mezzogiorno, parte l’Inno alla Gioia: Fiume è Capitale europea della cultura. Siamo in piazza dell’Adriatico (Jadranski trg), all’inizio del Corso (Korzo), la centralissima arteria pedonale simbolo della città. La pioggia sottile non ferma le migliaia di persone che si susseguono sin dal mattino tra le strade addobbate a festa, anche nel segno del concomitante carnevale.
A metà giornata gli organizzatori stimano che nel capoluogo quarnerino sono già confluiti in più di quattromila, di cui tremila turisti nonché un migliaio tra artisti e performer. A intonare l’Inno d’Europa è il coro dell’Associazione dei pensionati della Croazia, guidato da Damir Badurina, che poco dopo attacca con Najdraža Rijeko (“Carissima Fiume”). Il pubblico si unisce spontaneamente alla «canzone popolare - spiega una signora -. Mi commuove perché mi ricorda di quando, per lavoro, vivevo lontana dalla mia città. Sono tornata circa cinque anni fa». E aggiunge: «Adesso sono “penzionera”».
Si tratta ad ogni modo solo di uno degli oltre 70 eventi in programma nel giorno inaugurale, dislocati in 30 diversi punti della città e organizzati da una quarantina di soggetti diversi. Lo slogan affiancato al titolo di Capitale europea della cultura - che Fiume condivide con l’irlandese Galway dopo aver preso il testimone da Matera e dalla bulgara Plovdiv - è quello di “Porto delle diversità”, anche in riferimento alle oltre venti minoranze che popolano Fiume. Gli elementi ci sono tutti, a partire dallo spazio portuale in pieno stile “post-industrial” in cui si trova parcheggio. Meno di dieci minuti a piedi, passando per il grande mercato coperto e per il teatro nazionale Ivan de Zajc, e si arriva alla sala stampa galleggiante ormeggiata lungo la Riva, a pochi passi da un centro storico in fermento.
Mentre giornalisti e fotografi salgono e scendono dal battello, in ogni angolo sta contemporaneamente accadendo qualcosa. Al centro di piazza Kobler o delle Erbe, ad esempio, c’è un palco con un dj che intrattiene gli avventori dei locali circostanti. Ci sono il concerto che trasforma la Pescheria (un edificio non dissimile dal Salone degli Incanti di Trieste: l’impronta imperiale è la stessa) in un teatro; nonché la “timeline” cartacea lunga più di un centinaio di metri, adagiata per l’occasione sulla pavimentazione del Corso. Camminandoci sopra si ripercorre oltre un secolo di storia fiumana. Nel frattempo il bus dell’«anti-tourist route» si addentra nelle aree periferiche, come la zona industriale e il lungofiume. Dal workshop per trasformare vecchi jeans in gonne alla sfilata a base di materiali e indumenti riutilizzati, un posto rilevante nel calendario della giornata è occupato dal tema del riciclo. La musica non manca mai e le già citate note di Beethoven continuano a riecheggiare qua e là, accompagnate dal gruppo di danza Retondo.
Il cibo, protagonista anch’esso, invita cittadini e visitatori di ogni ceto sociale a condividere lo stesso tavolo all’evento organizzato da Zero Neighbourhood. Ma poche ore prima le bancarelle davanti al mercato coperto offrivano come di consueto anche arance, broccoli, krapfen e burek. Il flusso di gente aumenta man mano che si accendono le luci della sera, conferendo alla città l’aspetto di un grande party a cielo aperto. Al teatro Zajc c’è il parterre delle grandi occasioni con le autorità (vedi gli altri articoli, ndr). La polizia, affiancata da numerosi volontari, tiene sotto controllo l’area ma la città non è blindata come si potrebbe immaginare.
Ad ogni modo l’evento più atteso, a detta di tutti, è “Opera Industriale”: una gigantesca performance multidisciplinare, sviluppata sulla base delle musiche del duo formato da Josip Maršic e Zoran Medved. Si svolge in uno spazio del Molo Longo, amplificata dai tanti maxischermi allestiti sulla Riva, che a partire dalle 19.30 è letteralmente invasa da una marea di ombrelli. Lo spettacolo inizia con il suono delle sirene di tante navi e prosegue con una cacofonia di suoni e voci, parlate e cantate. E ancora tamburi, chitarre, danzatori, suonatori di campane. Nelle intenzioni degli organizzatori si tratta di un tributo ai lavoratori, all’avanguardia e alla tradizione della regione, che richiamano i valori sui quali si fonda la moderna Europa. L’accento è appunto sulla tradizione industriale (a questo proposito qualcuno in sala stampa fa notare, in maniera malinconica, il tempo coniugato al passato) della città. Il gran finale è con fuochi d’artificio e Bella Ciao, sparata in italiano dai microfoni e cantata pure dal pubblico presente. Nei club e nei locali, intanto, il desiderio è di proseguire la festa fino all’alba. —
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