Croazia, gli antiabortisti lanciano la nuova crociata

ZAGABRIA. Gli antiabortisti croati tornano alla ribalta. Appena dieci giorni dopo la manifestazione che l'8 marzo ha portato in piazza a Zagabria migliaia di persone a favore dell'aborto «libero, accessibile e legale», l'iniziativa civica "Prolife.hr" annuncia di avere iniziato una raccolta di firme per sottoporre a governo e parlamento una petizione a favore dei diritti dei feti.
L'obiettivo è quello di influenzare i deputati, dopo che la Corte costituzionale li ha invitati a riformare la legge sull'interruzione di gravidanza (oggi permessa entro le prime dieci settimane). La normativa vigente, introdotta nel 1978, è stata infatti dichiarata valida dai giudici supremi, ma bisognosa di un ritocco legislativo affinché sia pienamente in linea con l'ordinamento nato nel 1991, dopo la fine della Jugoslavia e l'indipendenza della Croazia. Per il movimento, che ha scelto lo slogan "Ho diritto a vivere!", i membri del Sabor devono assicurare «la massima protezione ai bambini non nati».
La campagna di raccolta firme, aperta fino al 16 aprile, non porterà dunque all'organizzazione di un referendum - come fu nel 2013, quando un simile movimento riuscì a vietare in costituzione il matrimonio omosessuale - ma si prefigge comunque di fare pressione sui legislatori. E anche se per ora gli organizzatori della petizione rimangono vaghi sulle limitazioni che la nuova legge dovrebbe introdurre in materia di aborto, le loro intenzioni non sono un mistero. Mateja Glavaš, all'origine della "Marcia per la vita" nel maggio 2016 e oggi portavoce dell'iniziativa "Prolife.hr", ha per esempio dichiarato che «quattro facoltà di medicina hanno già sancito che la vita inizia al concepimento» suggerendo ai politici di non «permettere che dei presupposti ideologici prevalgano sui dati scientifici». Il presidente del movimento conservatore "Vigilare", Vice John Batarelo, ha assicurato che «un network per la raccolta firme» è già pronto e che «dopo la petizione inizieremo delle discussioni e creeremo dei gruppi di lavoro».
Come Glavaš, anche Batarelo non è nuovo a queste campagne. Un anno fa, in occasione della "Marcia per la vita" che aveva portato a Zagabria tra svariate migliaia di persone, questo croato-australiano aveva assicurato che «il nostro obiettivo a lungo termine è proibire l'aborto in Croazia». Obiettivo non irraggiungibile, visti i successi che il movimento ha già incassato. Nel 2013 questi stessi attivisti, riuniti allora attorno al partito "U ime obitelji" ("Nel nome della famiglia") erano riusciti a raccogliere oltre 750mila firme e a indire un referendum sul matrimonio fra omosessuali. Dopo un'accesa campagna elettorale il fronte aveva incassato un successo pieno: malgrado la bassa affluenza (38%), due terzi dei votanti si erano espressi a favore di una modifica della costituzione croata, che oggi disciplina il matrimonio come l'unione esclusiva di un uomo e di una donna.
Da allora, è stata approvata una legge sulle unioni civili (possibili anche per coppie dello stesso sesso), ma il dibattito sull'interruzione di gravidanza è rimasto vivo nella società croata. La moglie dell'ex premier Tim Oreškovi„ ha partecipato alla manifestazione pro-vita del maggio scorso e dieci giorni fa, alla manifestazione dell'8 marzo, il tema centrale è stato proprio l'aborto. Le militanti femministe denunciavano le posizioni conservatrici dell'attuale esecutivo guidato da Andrej Plenkovic e il rischio di normative più restrittive.
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