Crisi dell’euro, sindrome slovena sui mercati

Sistema bancario a rischio: 7 miliardi di sofferenze sui crediti. Schizzano i rendimenti dei titoli di Stato
Di Piercarlo Fiumanò

TRIESTE. I rendimenti dei titoli di stato sloveni a scadenza decennale sul mercato secondario sono schizzati quasi al 7 per cento. É il segnale che il rischio Slovenia preoccupa i mercati. Nel mirino c’è il sistema bancario: le sofferenze sui crediti delle banche sono pari a circa 7 miliardi di euro, il 20% del Pil. Una situazione che ha innescato speculazioni sulla necessità che prima o poi il Paese si trovi nella necessità di chiedere un piano di aiuti e l’intervento della Trojka (Ue, Bce, Fondo Monetario). Il governo di Alenka Bratusek, consapevole del rischio psicologico di alimentare scenari a rischio, nega decisamente una prospettiva del genere. Ma ancora una volta la crisi europea si alimenta da sola e la Slovenia rischia di essere il prossimo Paese a chiedere sostegno all’Europa. Nel mirino ci sono le banche ma anche i dati economici sono pesanti. La crescita, in quella che una volta era una dinamica piccola Repubblica che cresceva a doppia cifra, ha subìto una riduzione in termini reali del 2,3% rispetto al 2011 per un valore complessivo di 35,47 miliardi di euro (17.244 euro per abitante). L’austerity ha colpito duro mentre crollano i consumi (-2,6%) e gli investimenti (-17%). Ma un secondo capitolo in grado di complicare il quadro proviene dalla bolla immobiliare il cui scoppio ha messo in crisi banche, proprietari di case e imprese edili. Una economia depressa.

Il piano di salvataggio dovrebbe arrivare così attraverso l'intervento diretto dell'Ism (il fondo della Bce) sul sistema bancario del Paese. Vincenzo Longo, market stategist di Ig, sentito da Radiocor, è convinto che la Slovenia richiederà un’altra terapia rispetto a Cipro: «Hanno due economie diverse. Per Cipro, poi, la misura adottata, e che l’Europa ha richiesto, è da considerarsi di natura unicamente politica, tenuto conto dei ripetuti moniti arrivati da Bruxelles. Gli squilibri che troviamo in Slovenia tra i depositi e il Pil sono molto più contenuti rispetto a quelli di Cipro, dove c’era questa anomalia (fondi-Pil), ma parliamo anche di un’economia decisamente più piccola». Secondo il Fmi il fabbisogno di capitale delle banche è pari a circa 1 miliardo di euro.

Il punto critico di Cipro era gli enormi depositi bancari rispetto alla grandezza del Pil, depositi che provenivano soprattutto dai Paesi dall’Est Europa. In Slovenia la crisi è arrivata dal settore bancario le cui sofferenze sui crediti sono pari a circa 7 miliardi di euro. La probabile terapia potrebbe essere la creazione di una bad bank che raccolga i crediti in sofferenza trasferendo gli asset tossici alla Banca centrale del Paese. A quel punto sarà inevitabile un piano di ricapitalizzazione delle banche con la prospettiva di pesanti ristrutturazioni. Ma intanto ieri Christop Weill, capo economista di Commerzbank, la seconda banca privata tedesca, ha scritto un rapporto che suona come un pesante campanello d’allarme. La Slovenia, osserva, «non ha praticamente più alcun accesso al mercato dei capitali e dovranno ricorrere al sostegno della comunità internazionale entro la fine dell’anno».

Ci sarà il piano di salvataggio? I mercati sono consapevoli che uno Stato azionista di maggioranza nelle grandi banche ha tutto l’interesse e ha garantire la sopravvivenza degli istituti prendendo parte alle ricapitalizzazioni. Questo non dovrebbe rappresentare un problema fondamentale per i conti pubblici «visto il livello relativamente basso dell’indebitamento dello Stato», come osserva ancora il report di Commerzbank.

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