Cosolini: «Sul Verdi scelta difficile. Per Pace voto unanime»
«Sarò presto a Trieste. E conto di passarci quanto più tempo possibile, con l’obiettivo di dare, senz’altro, un impulso alla vita del Teatro Verdi. Sono un uomo che ama lavorare. Molto». La telefonata viaggia fin oltre Manica e il taglio della conversazione non può che essere inglese. Essenziale, diretto e diplomatico insieme. D’altronde, oltre a parlare normalmente in inglese, il direttore tecnico della Royal Opera House Convent Garden di Londra Stefano Pace ormai pure ci pensa, in inglese. Mettici poi l’altrettanto britannico rispetto della forma (l’ex Cda della Fondazione lirica fresco di trasformazione in Consiglio d’indirizzo l’ha individuato come sovrintendente ma la ratifica la deve firmare il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini) ed ecco che Pace, nella sua prima uscita giornalistica da “uomo nuovo” del Verdi, resta ovviamente di poche parole: «Per adesso, nelle dichiarazioni, mi fermo qui, posso solo aggiungere che sono pienamente soddisfatto, onorato e grato, grato al Consiglio d’indirizzo della Fondazione, per la scelta ricaduta sulla mia persona».
Una scelta che Roberto Cosolini (da sindaco era per statuto presidente del Cda della Fondazione ed è oggi, dopo la riforma, presidente del Consiglio d’indirizzo) all’indomani della fumata bianca di venerdì sera racconta essere stata «difficile ma al tempo stesso unanime». E chiaramente «molto meditata, sennò non ci saremmo riuniti per due volte in due giorni». Le candidature, come è noto, erano tre: al di là del baritono e professore di project management dello spettacolo Domenico Balzani, la corsa vera era a due, e Pace l’ha spuntata sull’ex commissario e sovrintendente uscente Claudio Orazi, il cui mandato era scaduto il 31 dicembre. Anche lui, in questo caso, opta per un profilo inglese, “low”. Dichiarazioni di minima, a debita distanza da ogni interpretazione polemica. «L’unico commento che posso fare - osserva Orazi - non è sulla notizia del nuovo sovrintendente ma sul lavoro che ho svolto io. Sul resto no, non mi permetto di intervenire. Il mio è stato un lavoro molto intenso, positivo, dai risultati molto importanti, riconosciuti da tutti, in testa dal sindaco, il cui Consiglio d’indirizzo da lui presieduto ha avuto parole di stima nei miei confronti nella prima comunicazione ufficiale di ieri (venerdì, ndr). Il mio pensiero e il mio ringraziamento vanno a tutti i dipendenti e i collaboratori del teatro, con cui mi sono trovato sempre bene e ai quali auguro ogni bene».
«È evidente - la sintesi di Cosolini - che la scelta è stata difficile. Resa tale dal dover decidere fra tre ottime professionalità, di cui due più che ottime a livello di curricula benché differenti tra loro (a Orazi si deve anzitutto il salvataggio del Verdi dal fallimento, Pace vanta direzioni di allestimenti a Parigi e Valencia e il restauro del San Carlo a Napoli, ndr). Mi permetto però di dire questo. Oramai i sovrintendenti, in base alle normative, sono sempre più come dei veri manager d’azienda. È un’espressione che in questo mondo (quello dei teatri, ndr) si fa fatica a digerire, anche se è un mondo che ha bisogno di cambiamenti. In un’azienda è normale affidarsi a dei manager, che durano un determinato arco temporale e sono chiamati a perseguire obiettivi altrettanto determinati. Obiettivi che fanno di un certo manager, piuttosto che di un altro, la figura ottimale in un dato periodo. Il Consiglio d’indirizzo ha quindi ritenuto di scegliere la persona che sembra la più idonea ad affrontare la fase del teatro che si apre. Ciò non toglie la stima e l’apprezzamento per il lavoro svolto da Orazi negli ultimi tre anni, anni importanti per il Verdi ma anche per lui: gli consentiranno indubbiamente nuove sfide professionali».
Più amministratori delegati che maestri d’arte, insomma, e a ciascuno il suo (tempo). Con buona Pace di Orazi.
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