Cosco scappa da Genova e punta sul porto di Trieste
TRIESTE È passato un anno e mezzo dal memorandum sulla Via della seta e gli investimenti cinesi sulle infrastrutture del porto di Trieste sono usciti dai radar, ma nuove linee di traffico potrebbero aprirsi in Alto Adriatico per opera del Dragone. Questo è almeno il consiglio che il gigante dello shipping Cosco ha dato ai propri clienti, suggerendo loro di non servirsi più dello scalo di Genova, ma di preferire altre destinazioni fra cui proprio Trieste guidato da Zeno D’Agostino. Saranno i prossimi mesi a dire se si tratta di intenzione reale o del tentativo di esercitare pressioni su Autorità portuale e terminalisti liguri, per eliminare tappi e costi aggiuntivi che penalizzano le attività di Cosco nel Tirreno.
Il ferro vince sulla gomma? Sembrerebbe di sì, con i cinesi che paiono essersi stufati delle difficoltà a far uscire su camion le merci scaricate a Genova. Troppi ritardi, ingorghi e tratti di autostrada interessati da cantieri: Cosco consiglia allora le alternative di Trieste, Venezia, Ravenna e La Spezia, mettendo a disposizione i propri uffici commerciali per costruire nuove catene logistiche d’intesa con le società che si servono delle navi cinesi e che potrebbero disporre di collegamenti autostradali più efficienti e, soprattutto, di una migliore intermodalità nave-treno-camion.
Il porto triestino è oggi saldamente primo in Italia per la movimentazione via treno, con diecimila convogli all’anno. Il traffico si rivolge soprattutto verso l’Europa centrale, ma non manca una direttrice lombarda, come dimostrano i duemila treni che ogni anno il gruppo Arvedi sposta da e per Cremona per il proprio ciclo siderurgico. E proprio l’Italia settentrionale sarebbe il punto di arrivo delle merci trasportate da Cosco, visto che i container sbarcati a Genova sono diretti quasi interamente verso il Triangolo industriale.
La nuova opportunità emerge in modo inatteso, dopo una comunicazione spedita dai cinesi ai propri clienti e pubblicata ieri dal Sole 24 ore. Il colosso dei container suggerisce di non spedire più prodotti attraverso Genova, a causa delle difficoltà che affliggono le autostrade liguri con «ripercussioni sulla regolarità dei servizi di trasporto». Marco Donati, direttore della filiale italiana di Cosco Shipping, denuncia il «collasso» dei collegamenti con le regioni vicine. «È la prima volta dal 1963 – dice – che ci troviamo a gestire una simile emergenza, con i camion che non riescono a entrare nel porto, il casello di Genova Ovest bloccato nelle ore cruciali, i container fermi da giorni sui piazzali e i terminalisti che non fanno sconti ma, al contrario, intendono essere pagati anche se il container resta fermo».Cosco è una compagnia pubblica con sede a Pechino. Si tratta del terzo operatore mondiale dello shipping, grazie a una flotta di oltre mille imbarcazioni, di cui 507 navi container con una capacità di trasporto complessiva di 3 milioni di teu. Meglio degli asiatici fanno solo i danesi di Maersk e gli italo-svizzeri di Msc. La compagnia copre 356 porti in 105 paesi e gestisce anche terminal portuali: in quest’ambito controlla la principale banchina del porto greco del Pireo (base mediterranea dei traffici cinesi) e il 40% del terminal di Savona Vado Gateway.
Solo a Genova i contenitori Cosco pesano per 170 mila teu all’anno, pari a quasi un quarto dei traffici dell’intero porto di Trieste, i cui circa 800 mila teu sono molti meno dei 2,3 milioni che arrivano e partono da Genova in dodici mesi. Al momento la compagnia asiatica sbarca merci a Trieste nel quadro della Ocean Alliance, che ogni settimana fa scalo in Molo VII con vettori Cma Cgm, Evergreen, Ocl e Cosco. Quest’ultima pare ora intenzionata a rafforzarsi in Adriatico e Trieste dovrà giocare un ruolo importante per intercettare possibili collegamenti con Asia, Stati Uniti, Africa e Mediterraneo. Il porto giuliano sarebbe favorito grazie alla capacità di spostare su ferro il 55% dei container movimentati, contro il 10-12% di Genova e il 33% di La Spezia, che restano però molto più vicine a Lombardia e Piemonte.
Cosco opera in Europa dagli anni Sessanta e farci affari non significa certo diventare un terminale della Via della seta, ma l’auspicato rafforzamento dei traffici di Trieste potrebbe parlare un po’ di cinese in più. Fatto non scontato, dopo che la firma del memorandum tra Autorità portuale e Cccc aveva prospettato investimenti cinesi sul raddoppio della capacità ferroviaria dello scalo. Alla manifestazione d’interesse non sono tuttavia ancora seguiti passi concreti e sono sempre più insistenti le voci di un ritiro di China Merchants dalla trattativa per l’acquisizione di quote della Piattaforma logistica, che sta guardando da mesi ad accordi con partner austriaci e tedeschi. —
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