Con un cubo e un grillo si è fatta la rivoluzione nelle case degli italiani
di Arianna Boria
Ci sono rivoluzioni che si compiono tra le quattro mura domestiche. Che, in apparenza, non provocano sconquassi epocali, ma che cambiano il nostro modo di guardare gli oggetti, il rapporto con le cose, che trasformano il nostro panorama immediato e, un po’ alla volta, il senso estetico. Rivoluzioni che migliorano la qualità della vita, senza rinunciare al colore, all’allegria, alla forma esteriore. E che, prima ancora di identificare un’epoca, rimarranno per sempre legate a un personalissimo, insostituibile, momento della nostra vita quotidiana.
Prendiamo la colla Pritt, anno 1969. Neil Armostrong sbarca sulla luna il 21 luglio, un mese dopo il festival Wookstock, a Bethel nello stato di New York, richiama cinquecentomila persone e il colonnello Gheddafi prende il potere in Libia. In casa e in ufficio entra, per la prima volta, quello stick rosso, attraente come un rossetto oversize, che permette di incollare meglio, di sporcarsi meno e di risparmiare di più: topi da scrivania e casalinghe alle prese con gli “art attack” dei pargoli, ringraziano. E il telefono Grillo disegnato da Marco Zanuso nel 1966? In quell’anno Indira Gandhi diventa primo ministro indiano, in giugno cominciano i bombardamenti Usa sul Vietnam del Nord, i Beatles danno l’addio ai concerti al Candlestick Park di San Francisco, e sui tavoli plana una conchiglia di plastica destinata a cambiare per sempre la forma del telefono, suoneria compresa, che richiama il ronzio dell’insetto.
Che decennio quello che va dal 1953 al 1963, affollato di eventi che cambiano gli equilibri e, a volte, anche i destini del mondo: dalla rivoluzione cubana al Concilio Vaticano secondo, dall’elezione alla presidenza di Breznev e di Kennedy all’inaugurazione della diga di Assuan, dalla scomunica del Papa a Fidel Castro all’«I have a dream» di Martin Luther King. Ma anche la nostra casa vive una sua inarrestabile trasformazione, aprendo le porte al fonoregistratore Geloso e al primo tostapane della Siemens, che porta in tavola, per il “breakfast”, il pane bruciacchiato come nei film che arrivano da Hollywood, al giradischi valigetta e al frigorifero portatile Style, perfetto per i viaggi dell’Italia del boom, che si mette in auto sul primo tratto dell’autostrada del Sole, aperto nel 1958. Mentre le bambine più fortunate giocano con la Barbie, la cui marcia trionfale nell’universo dei giochi e dell’immaginario femminile comincia con la commercializzazione del 1959, la mamma tira il pavimento a pennello con la prima lucidatrice a tre spazzole.
Sono rivoluzioni, seppur domestiche. E a loro la Fiera di Udine, nell’ambito della sessantesima edizione di Casa Moderna (visitabile fino al 7 ottobre nel quartiere di Torreano di Martignacco), dedica una mostra specifica che, dopo la conclusione della Fiera, resterà visitabile fino al 17 novembre, tutti i sabati e le domeniche. Dall’anno di nascita di Casa Moderna, 1953, ai giorni nostri, la mostra - ideata dalla Fiera udinese e progettata da Alessandro Verona - propone un viaggio, attraverso cento oggetti-simbolo, nelle emozioni e sensazioni che hanno accompagnato l’ingresso del concetto di innovazione nelle case degli italiani, segnando l’evoluzione del loro stile di vita.
Ogni decennio è contestualizzato con video sui principali accadimenti, i cui materiali provengono dall’Archivio della Rai regionale, dalla Cineteca del Friuli, da vari archivi fotografici e delle stesse aziende, con Carosello e spezzoni di film famosi, e con le foto che raccontano i cambiamenti urbanistici di Udine e della stessa Casa Moderna, nei sessant’anni in cui ha messo in vetrina l’evoluzione dell’abitare. «Non è un’operazione nostalgia - dice il direttore generale di Udine e Gorizia fiere, Maurizio Tripani - è un riannodare un filo che ci porta alle radici di un’epopea che ha visto la nostra vita “rivoluzionata”, come dice il titolo della mostra. Potremmo dire, con una canzone di quegli anni, che “il mondo in una stanza” non è più un fatto immaginifico, poetico-sentimentale... Le nostre case sono diventate sempre più tecnologiche ed essenziali e noi sempre connessi con il mondo, e gli “spazi” del vivere contemporaneo sempre meno materiali. Un’esistenza “liquida” - aggiunge Tripani - che, ripercorrendo questi 60 anni, ci interroga e ci inquieta. Forse fino al punto di desiderare di nuovo il soggiorno di una volta, silenzioso e solido, dove la televisione era quasi tutto il giorno spenta e nascosta da una copertura. Perchè al centro c’eravamo ancora noi».
La tivù, appunto, nata nel 1954, cominciava con la programmazione per ragazzi solo a metà pomeriggio. Era inespugnabile per buona parte della giornata, ma dilagava come status symbol, al centro del salotto italiano del conquistato benessere. Dovette arrivare la radio Brionvega TS502, il celebre “cubo” disegnato da Marco Zanuso e Richard Sapper, perchè il primato televisivo fosse messo in discussione con l’arma di uno straordinario oggetto di design e tecnologia, un’icona immortale che ancora oggi, a distanza di mezzo secolo, aggiornata ma immutata, non denuncia i suoi anni.
Il colore è una carta vincente, come nell’orologio Solari Cifra 2, nei mattoncini Lego, nella Olivetti Valentine di Ettore Sottsass del 1968, la macchina da scrivere portatile rosso fuoco che il poeta Giovanni Giudici, dirigente dell’azienda e autore con Luigi Fruttero di alcune campagne pubblicitarie, definì “una Lettera 32 travestita da sessantottina”. Mangiadischi e mangiacassette “sputano” le colonne sonore degli anni Settanta e ci proiettano nel decennio tecnologico, che comincia con il monumentale Commodore e approda al modaiolo Mac della Apple.
Nell’anno 1989 il vento della storia scuote il mondo. In piazza Tienanmen la rivolta degli studenti viene repressa nel sangue, mentre cade il muro di Berlino, la Cecoslovacchia inizia la rivoluzione di velluto e i romeni guardano in diretta tivù l’esecuzione del dittatore Ceausescu e di sua moglie Elena. Nelle case globalizzate, il 21 aprile, compare il Game Boy, la console portatile più commercializzata del pianeta. E i genitori della “tv dei ragazzi” aprono l’ennesimo fronte familiare.
@boria_a
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