Comunità cinese a Trieste triplicata in 15 anni
La comunità cinese di Trieste è triplicata nel giro di quindici anni. Un vero e proprio boom, che si è accompagnato ad una crescita esponenziale di attività gestite da cittadini dell’Estremo Oriente: dal commercio alla ristorazione, dai parrucchieri a sartorie e lavanderie. Dalle prime, isolate aperture - quasi tutte registrate nella zona del Borgo Teresiano -, si è passati ad una “colonizzazione” diffusa, con negozi e locali avviati anche in molte aree periferiche. Attività che, spesso, hanno soppiantando esercizi portati avanti con difficoltà da negozianti triestini, e acquistati in poco tempo dai nuovi imprenditori orientali.
I numeri
I cinesi residenti in città attualmente, secondo i dati del Comune di Trieste, sono 1034: nel 2000, invece, ne se contavano appena 334. La maggior parte della comunità è oggi impiegata nel settore della ristorazione, che conta ben 62 locali (quindici anni fa all’appello ce n’era soltanto uno). Segue il commercio ambulante, con 56 licenze, il commercio al dettaglio con 49 punti vendita e ancora una trentina di attività che rientrano nella categoria dell’artigianato, tra lavanderie, parrucchieri e sartorie. La comunità cinese è la quinta nel capoluogo giuliano, dopo serbi, rumeni, croati e kosovari. Anche se i numeri non si avvicinano alle cifre delle altre etnie, c’è da considerare la provenienza, ben più lontana della Chinatown giuliana e il fatto che ai quei 1034 residenti molto spesso si congiungono i familiari, che arrivano dalla Cina per raggiungere, anche per lunghi periodi, i parenti ormai definitivamente trasferiti in Italia.
La ristorazione
Analizzando ogni singolo settore di attività, il più richiesto dai cinesi è da sempre quello della ristorazione, con 62 tra ristoranti, bar, trattorie e rosticcerie. È la Grande Shangai, in piazza Venezia (figlio dell’originale Shangai di via degli Artisti, aperto a metà anni ’80), con l’apertura nel 1995 ad implementare la lunga e fortunata serie di locali, che propongono menu ormai ben conosciuti anche dai triestini, tra involtini primavera, ravioli al vapore e pollo alle mandorle. Ma se in cucina le tradizioni orientali sono riportate piuttosto fedelmente a tavola, così non succede per i bar, acquistati dai cinesi soprattutto negli ultimi tre anni. In questo caso il nome spesso rimane quello del precedente proprietario italiano e anche cibi e bevande sono gli stessi. Nessuna pietanza “made in China” insomma, ma il classico capo in B e brioche. Curiosità, molti ristoranti giapponesi in città sono gestiti in realtà da cinesi, che hanno colto al volo il trend del sushi e del cibo più leggero tanto in voga ultimamente.
Il commercio
Un altro filone gettonato è quello della vendita ambulante, principalmente di abbigliamento e accessori per la casa. La prima licenza è stata rilasciata nel lontano 23 giugno 1997 e ora se ne contano 56 attive, quasi tutte per prodotti non alimentari. Il settore del commercio al dettaglio invece è quello che i triestini associano di più alla comunità cinese, per l’apertura uno dopo l’altro, nell’arco di pochi anni, di tanti negozi nella stessa zona, il Borgo Teresiano, anche se recentemente esercenti dagli occhi a mandorla hanno scelto anche aree più periferiche. In qualche caso poi hanno sostituito luoghi considerati storici per i triestini, come il Brek, l’ex ristorante di via San Francesco, diventato un gran bazar di due piani con articoli per la casa e l’arredo. Secondo i dati del Comune il primo negozio è datato 15 novembre 1999 in via Valdirivo, mentre l’ultimo in ordine di tempo ha aperto i battenti in via Capodistria lo scorso 29 dicembre.
Gli artigiani
In forte crescita negli ultimi mesi anche altre tipologie di attività, come i saloni di parrucchieri, operativi in primis in Borgo Teresiano, ma presentanti anche in molte altre zone. Da segnalare anche la presenza di alcuni supermercati con prodotti alimentari cinesi, oltre alla diffusione rapida di sartorie e le lavanderie, mentre stanno aprendo anche i primi calzolai cinesi. Molti dei lavoratori che da poco hanno iniziato, appartengono alle nuove generazioni di cinesi, nati in Oriente, ma volati Trieste da ragazzini, mentre tanti stanno ancora frequentando le scuole. Da quest’anno al liceo Dante c’è la prima classe con insegnamento della lingua cinese. Ed è anche il primo anno in cui la comunità, con l’associazione Porta d’Oriente, ha voluto festeggiare il Capodanno Cinese con un grande spettacolo aperto soprattutto ai triestini, per promuovere uno spirito di integrazione in città e per condividere tutte quelle tradizioni legate alle festività, che hanno attirato tanti triestini alla Sala Tripcovich, con il tutto esaurito lo scorso febbraio.
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