Cittadinanza: a mano tesa o a testa alta?

La classifica nazionale sulla misura di sostegno al reddito del governo gialloverde, con Trieste e Gorizia ai primi posti nel Nord Italia, fa riflettere anche sulla (mancata) creazione di posti di lavoro in regione
People attend to request for citizenship wage in a CGIL CAF (Centro Assistenza Fiscale - Fiscal Assistance Center) in Naples, Italy,06 March 2019. The government's 'citizenship wage' basic income kicked off on Wednesday when the official website started taking applications for the new benefit.Primo giorno per richiedere il reddito di cittadinanza nel Caf della CGIL a Napoli 6 marzo 2019..ANSA / CIRO FUSCO
People attend to request for citizenship wage in a CGIL CAF (Centro Assistenza Fiscale - Fiscal Assistance Center) in Naples, Italy,06 March 2019. The government's 'citizenship wage' basic income kicked off on Wednesday when the official website started taking applications for the new benefit.Primo giorno per richiedere il reddito di cittadinanza nel Caf della CGIL a Napoli 6 marzo 2019..ANSA / CIRO FUSCO

TRIESTE Ci sono classifiche in cui si farebbe volentieri a meno di essere al vertice: Trieste terza, Gorizia quarta nel nord Italia del reddito di cittadinanza non sono medaglie da appendersi al collo con orgoglio. Sono il segno di una sofferenza, di un rimanere irrisolti: terra di confine eterno tra il proprio passato, ferito e assistito, e un domani indefinito. La misura, discussa e discutibile al di là dei suoi effetti, serve intanto a fotografare l’esistente: una quota di cittadini, qui significativamente alta che vi fa ricorso. Per rassegnazione, neghittosità (non bisogna nascondersi nulla, non bisogna accusare nessuno di nulla), abitudine al trovare qualche mano generosa. Ma anche perché sul territorio la creazione di lavoro (decentemente pagato e garantito) non è stata una priorità per la presunta classe dirigente.



Certo, si sono difese dove possibile posizioni, hanno autonomamente ripreso vigore snodi vitali come il porto e i cantieri navali: ma quel fatalismo non solo letterario, figlio anche di un’incomunicabilità latente e/o sostanziale, che accompagna da decenni questa terra finisce per moltiplicare chi (ora come in passato) chiede al vilipeso Stato centrale di lenire almeno in parte l’irresolutezza del territorio. Eppure a Trieste e a Gorizia qualche sensore attivo c’è (pensiamo ai “ragazzi” che nei giorni scorsi hanno lanciato da qui Generazione Zero); qualche condizione per cambiare rotta ci sarebbe, insieme a esempi spesso misconosciuti (anche per questo da oggi Il Piccolo racconta “Le fabbriche della scienza”, quel Distretto Trieste che poteva/potrebbe esserci e invece non c’è: nel senso che esistono realtà vive ma non in condizione di fare sistema, seminare la propria esperienza così che il raccolto di innovazione, ricerca e rischio d’impresa sia condiviso). Qualche sfida da giocarsi ci sarebbe: non darebbe elemosine, ma un ritorno in termini di appartenenza e fiducia, di speranza in un futuro a testa alta e non a mano tesa.
 

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