Chiesa della Beata Vergine: sfida al Tar Curia-Picchione
Maria Giulia Picchione, quando ci sono da difendere le Belle Arti, non fa differenza tra potere temporale o spirituale: la Soprintendente per i Beni architettonici e paesaggistici ha ordinato di recente alla Parrocchia della Beata Vergine del Rosario, “filiale” in pieno Ghetto dell’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, uno che ha lavorato in Vaticano con Benedetto XVI, di eliminare dall’interno dell’omonima chiesetta una nuova «balconata con struttura lignea»: un’opera frutto della ristrutturazione di fine 2012 in quanto non autorizzata dalla Soprintendenza e, per lei, pure bruttina e fuori luogo, evidentemente.
Chissà se il Tribunale amministrativo, invece, si sarà fatto prendere dalla forza della fede, dato che si è trovato di fronte un ricorso contro l’ordine dell’architetto presentato proprio dalla “filiale” della Diocesi. Scherzi a parte, resta il fatto che il Tar, giusto l’altro giorno, ha dato ragione alla Parrocchia e torto alla Soprintendenza. E ha sospeso per intanto in via urgente, provvisoria e cautelativa - come invocava don Stefano Canonico, parroco della Beata Vergine del Rosario, che con e per conto della Parrocchia ha impugnato appunto l’atto firmato da Picchione con l’avvocato Andrea Melon - l’efficacia di quell’ordine di rimozione in attesa della sentenza di merito. Sentenza finale che, tra una cosa e l’altra, difficilmente arriverà prima di marzo, se è vero che il Tar nell’ordinanza datata 28 agosto che accoglie l’istanza di don Stefano - «considerato che il danno (di un’eventuale rimozione immediata, ndr) appare grave» e «che il fumus, ad una prima sommaria deliberazione, appare consistente», come scrive il giudice Umberto Zuballi, presidente del collegio - fissa pure la data per l’udienza pubblica decisiva al prossimo 11 febbraio.
Fino a Natale insomma, come minimo, la chiesetta del Ghetto non si tocca. Anche se nel frattempo, della cosa, se ne parlerà. In vari uffici, anche del potere temporale, posto che la Chiesa della Beata Vergine del Rosario è di proprietà del Comune e, dunque, del suo laicissimo sindaco in carica Roberto Cosolini.
Ma che cos’è che Picchione ha ordinato alla Parrocchia di far sparire? Si tratta - spiega l’avvocato Melon - di una sopraelevazione della cantoria non eterna bensì un domani anche removibile che, con un gioco di ancoraggi, consente al legno sul lato organo di stabilizzarsi in seguito ai lavori di ristrutturazione completati in Chiesa verso la fine del 2012. È un manufatto, però, osservano dall’Avvocatura dello Stato per conto della Soprintendenza, per cui non è stata avanzata alcuna autorizzazione.
Abusiva, dunque. Quando Picchione e i suoi uffici se ne sono accorti, a un anno e più di distanza, è scattata così la carta che intima al parroco di togliere quella sopraelevazione. Don Stefano - ribatte l’avvocato Melon - ha chiesto a Palazzo Economo un’istanza di accesso agli atti che non ha avuto seguito e quindi s’è rivolto al Tar, sostenendo che solo tre beni interni alla chiesetta, fin dagli anni Novanta, risultano vincolati e che non era immaginaile che per quella parte ci sarebbe voluto un permesso. Eppure, in passato, replicano dall’Avvocatura, dei permessi erano stati chiesti anche per molto meno, per interventi meno impattanti. Se ne riparla, come detto, dopo Natale.
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