Cattinara, emergenza letti Zero posti per le donne
Ieri alle 8 del mattino l’ospedale di Cattinara non aveva più, nei suoi reparti di Medicina, neanche un letto libero nelle zone dedicate alle donne. Era rimasto solo qualche residuo posto per nuovi eventuali malati maschi. C’erano di fatto zero posti per le donne alla Terza medica, zero posti a Medicina clinica, zero posti per uomini e donne in un piano della Prima medica e zero posti per le donne nell’altro piano, zero posti per le donne a Clinica medica che era, per così dire, in avanzato “overbooking”, con 15 pazienti ricoverati fuori dal loro reparto, in particolare 9 alle torri e 2 nel polo Cardiologico, in Cardiochirurgia. E alle 13, al secondo controllo, la situazione era identica.
I “report” ospedalieri dicevano che in tutte e due le torri restavano 30 posti liberi in totale. Ma nelle Medicine su 234 letti complessivi ne restavano solo 16, e tutti appunto nell’area maschile. La Terza medica ha 39 posti letto, la Medicina clinica 42, la Prima medica 72 e Clinica medica ne mette a disposizione 82.
Povere donne, dunque, che essendo la maggioranza demografica riproducono la percentuale anche nei reparti ospedalieri. Ma il problema della saturazione di Cattinara, mentre è d’obbligo conservare una certa disponibilità di sicurezza, per accogliere eventuali emergenze, si ripropone ogni anno, e ciò che sconcerta è che a distanza di tanti anni si continui a dare la stessa motivazione al fenomeno.
Il direttore sanitario Giampaolo Canciani, in questi giorni assente ma informato della situazione, dice che «non si segnalano particolari emergenze»: «Ma se d’inverno è l’influenza che moltiplica le necessità di ricovero, ciò che fa ammalare le persone d’estate è soprattutto la disidratazione. Quella degli anziani. Problema cronico, che fa “scoppiare” il Pronto soccorso». Non si era da tempo detto che tutti avrebbero badato alla loro così frequente incapacità di sorvegliare l’assunzione di liquidi in misura maggiore quando il caldo mette alla prova il fisico di tutti? E che bisogna assistere i più fragili che facilmente perdono la sensibilità alla sete? Che nelle case di riposo e nelle Rsa (3000 persone) era passato l’ordine di fare attenzione?
No, il bicchiere d’acqua, si dice, continua a far ammalare i più deboli. Tanto è vero che, per venirne a capo, Azienda ospedaliera e Azienda sanitaria hanno «lavorato per mesi - riferisce Canciani -, con molte riunioni, per mettere a punto un programma d’intervento che rivedesse i processi assistenziali relativi all’equilibrio fisiologico della persona». Mesi di incontri, sotto la supervisione della Direzione regionale salute, per stilare un criterio d’intervento, mettendo a confronto tutti le informazioni derivanti dalle cartelle cliniche di reparti, Pronto soccorso, Rsa e quant’altro.
«Un protocollo in questo senso non esiste - spiega Canciani - dunque bisogna costruirlo, ogni Azienda si comporta in modo diverso, perciò abbiamo previsto un “audit” interaziendale con l’Azienda ospedaliera e abbiamo chiamato un esperto proveniente da un’altra regione, che come osservatore “terzo” potesse avvalorare le nostre decisioni o sottolineare i nostri difetti rispetto a situazioni migliori».
Tutto questo per dare la giusta quantità di acqua da bere a un anziano. Di fatto però la mega-organizzazione non ha ancora prodotto nulla, mentre il caldo è arrivato eccome. «La riunione con l’esperto è saltata per la sua indisponibilità a venire a Trieste nel giorno fissato». Se ne riparlerà praticamente a metà luglio. Se l’anziano che rischia di morire di sete è a Trieste un «problema cronico», Canciani sottolinea che «è cronico anche il problema gestionale».
Qualche anno fa l’ex direttore generale degli ospedali Franco Zigrino, a fronte del «cronico problema» denunciato dal Pronto soccorso, lanciò un pesante avvertimento: «La prossima volta che arriva in ospedale un anziano disidratato proveniente da una casa di riposo, denuncerò la casa di riposo per mancata assistenza». Ma poi che cosa succede in famiglia, o dove l’anziano è solo?
Che la gente finisca in ospedale per un bicchiere d’acqua mancato, e che per questo l’ospedale sia “off limits” è veramente un triste paradosso.
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