Caso Picchione, il Pd chiede l’intervento del ministro Ornaghi

Un’interrogazione presentata a Roma da Ettore Rosato: «Veri10fichi se l’eccessivo rigore della Soprintendente sconfini nel danno erariale»
Di Ferdinando Viola
Foto BRUNI TRieste 07.09.12 Dott.ssa Maria Giulia PICCHIONE-Sovr.Beni Culturali
Foto BRUNI TRieste 07.09.12 Dott.ssa Maria Giulia PICCHIONE-Sovr.Beni Culturali

I numeri non coincidono. Se la titolare della Soprintendenza regionale, architetto Maria Giulia Picchione, afferma che le pratiche licenziate con parere favorevole sono state il 95%, il Comune di Trieste e l’Ance (Associazione regionale dei costruttori)hanno fatto i conti e la loro somma è anni luce diversa dalla sua: sono il 70% le pratiche rigettate dalla Soprintendenza. Con tutte le conseguenze in termini di opere pubbliche, lavoro, occupazione e perdita finanziaria.

«Dall’insediamento della nuova responsabile nel maggio del 2012 - afferma l’Ance - la Soprintendenza ha approvato solo tre lavori su dieci, un migliaio di opere pubbliche in tutti i comuni della regione, fermando lavori per 500 milioni, con il rischio di cassa integrazione per circa 5mila operai». Un rigorismo spinto all’eccesso e accuse circostanziate che Maria Giulia Picchione minaccia di controbattere in Tribunale.

Prima però dovrà rispondere al ministro per il Beni e Attività culturali, Lorenzo Ornaghi, “informato” delle vicende triestine e regionali da Ettore Rosato. Il parlamentare del Pd, candidato anche alle elezioni di febbraio, in un’interrogazione, chiede al ministro un intervento «per verificare se l'eccessivo rigorismo della Soprintendenza del Friuli Venezia Giulia possa integrare gli estremi per la contestazione del danno erariale».

Rosato scrive che, da quando la Picchione si è insediata, la Soprintendente «ha imposto a un eccessivo rigorismo nella valutazione delle istanze». Il 70% delle autorizzazioni chieste è stato rigettato. Tra le opere che non hanno ricevuto il nulla osta per i lavori - ricorda l’esponente Pd - compare anche il progetto di riuso dell'edificio abbandonato dell'ex meccanografico «che l'Amministrazione comunale di Trieste intendeva portare a termine in linea con la nuova pianificazione urbanistica vigente».

«Le poche autorizzazioni rilasciate - si legge nell’interrogazione - contengono un elevato numero di prescrizioni che, di fatto, rendono irrealizzabile l'opera. Questo eccesso di diniego nelle autorizzazioni sta, tra l'altro, danneggiando molti cittadini che, adottando una condotta volta al risparmio energetico e alla tanto citata green economy, sarebbero intenzionati ad installare sulla loro abitazione, i pannelli fotovoltaici. La provincia di Trieste, nel 2010, aveva indetto un bando per incentivare l'installazione di pannelli fotovoltaici, ma ad oggi risulta che sia tutto ancora fermo in attesa di una autorizzazione positiva che stenta a giungere».

Nessuno mette in dubbio la salvaguardia e la tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale, sottolinea ancora Rosato, «ma questo rigorismo è stato di fatto sanzionato dal Tribunale amministrativo regionale in molti dei ricorsi che sono stati avanzati avverso i numerosi rigetti. I ricorsi persi dalla Soprintendenza riguardano molte aree della regione e pesano sulle casse dell'ente per le spese di giudizio e per le spese legali della controparte delle quali è condannata a farsi carico».

E poi c’è l’esposto, da parte dell’Ance, alla Procura della Corte dei conti con il quale si chiede l'avvio delle indagini preliminari «per l'eventuale contestazione del danno erariale derivante dai provvedimenti di diniego sui progetti edilizia, poi annullati in sede giudiziaria amministrativa».

Rosato perciò domanda al ministro Ornaghi se è a conoscenza della situazione di stallo che si è venuta a creare in regione e se ritenga di dover intervenire, anche attraverso l'emanazione di circolari ministeriali, «al fine di definire con chiarezza e univocità le linee guida che le Soprintendenze devono seguire nello svolgimento delle loro competenze, e i limiti della loro discrezionalità così da conciliare la necessaria tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale con le altre esigenze urbanistiche, ed evitare una disomogenea applicazione delle norme sul territorio nazionale».

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