Boom del pesce, dalle reti al banco

Reportage all'alba dal mercato ittico di Monfalcone: lo scorso anno 250 tonnellate di prodotto commercializzato. La locale Cooperativa pescatori conta su tre barche e 21 soci
Bonaventura Monfalcone-19.06.2015 Pescheria-Porticciolo Nazario Sauro-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-19.06.2015 Pescheria-Porticciolo Nazario Sauro-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

MONFALCONE Sono le 6.30 di mattina. È appena spuntata l’alba. Attracca al molo del porticciolo Nazario Sauro una barca a motore con le reti ancora da sistemare. Si scaricano cassette di pesce acquistato al mercato all’ingrosso delle vicine marinerie, ma soprattutto il pescato della notte, in particolare “pesce azzurro” in abbondanza (questo è il periodo giusto). Alici (i popolari “sardoni”), sardine, sgombri... Nella rete finiscono anche altre qualità per fare la “zuppa di pesce” come rospo, pannocchie (“canoce” in dialetto), merluzzi, piccoli scorfani, San Pietro, granchi, pesce ragno e tracine. Poi si prepara il banco.

Comincia così la giornata della Cooperativa fra pescatori di Monfalcone e dura 24 ore su 24 per tutti i giorni delle settimane (soprattutto di notte), i mesi, durante l’anno, con ogni tempo atmosferico e in tutte le stagioni rispettando il “fermo pesca” imposto. Se non si esce in mare, non si pesca, non si vende e non si guadagna. La Cooperativa, nata nel 1932, oggi conta tre barche di armamento, 21 soci pescatori (14 sono a bordo) e 6 dipendenti impiegati nel mercato. Numeri importanti che hanno riaperto un capitolo che sembrava “chiuso”, scongiurando un fallimento. Ma è cambiata la politica: pesce fresco a prezzi contenuti e venduti al banco dal mare al consumatore. La carta vincente della Cooperativa è stata la creazione di una filiera ittica corta del pesce gestita dai propri pescatori. Si è adeguata nel tempo alle nuove condizioni morfologiche del golfo e alle abitudini dei consumatori. A partire dall’orario continuato e anche la domenica mattina.

Il traghettatore è Michele Doz, 48 anni, triestino di origini istriane, papà pescatore, lui con in tasca il mestiere di odontotecnico che non ha mai voluto onorare per la sfrenata passione per il mare. È presidente del Consorzio ittico del Golfo di Trieste della Cooperativa monfalconese. «Quando l’abbiamo rilevata – spiega – tutti ci davano tre mesi di vita. Invece con coraggio, impegno e caparbietà, l’11 settembre nel 2009 siamo partiti da zero e con piacere confermo che lo scorso anno abbiamo commercializzato circa 250 tonnellate di prodotto, di cui una parte è la nostra produzione circa 60-70mila chili e 180mila chili nella struttura di Monfalcone. Il lavoro è impegnativo ma i risultati si vedono. Clientela e vendite hanno, infatti, raggiunto una crescita del 30%. Noi non siamo pescivendoli, ma pescatori dietro al banco».

I risultati sono in controtendenza con il mercato nazionale. Secondo un’indagine dell’Ismea, riferisce Doz, l’istituto che si occupa dell’andamento dei prodotti alimentari, la crisi economica ha portato a una significativa riduzione del consumo di pesce tale da portare il consumo medio pro capite sotto i 20 kg/anno. Valori nettamente inferiori agli altri partner sul mare (Portogallo 60 kg/anno, Spagna 49 kg/anno). Un crollo che ha messo a dura prova i pescherecci italiani che negli ultimi trent’anni hanno perso il 35% delle imbarcazioni e 18mila posti di lavoro. Allora perché questo boom del consumo di pesce nell’area monfalconese? «Un po’ per la nostra politica commerciale di liberalità in cui cerchiamo di promuovere sempre prodotti di stagione. Lavoriamo con un margine di ricarico molto basso, non siamo un’impresa con un titolare che deve guadagnare e diventare miliardario, poichè lo scopo è di dare lavoro, sostegno ai nostri soci. Un ulteriore elemento riguarda l’approvvigionamento del pesce orientato ad arrivi continui di prodotti locali provenienti dalle marinerie di Trieste, Monfalcone e Grado. Altri prodotti, grazie alla conoscenza diretta dei produttori, provengono da Marano Lagunare, dall’Istria e dalla Sicilia».

Anche la clientela non è solo monfalconesi. «Molte persone passano per la prima volta, si fermano e poi ritornano. Oramai arrivano compratori oltre che dall’Isontino, anche dalla provincia di Udine. Poi da Duino, Sistiana, Trieste, Grado e dalla Bassa friulana. Anche clienti di Pordenone. Si è sparsa la voce, la clientela e il fatturato aumentano di anno in anno. Siamo orgogliosi, non infallibili, ma credo sulla strada giusta». Una situazione, dunque, che sta aprendo nuove prospettive per il futuro alla Cooperativa monfalconese? «Certamente perché questo settore sta aprendo anche una nuova strada. Già da tempo, stiamo effettuando un esperimento pilota con alcune preparazioni gastronomiche di “pesce povero” come alici, sgombri e sardine, non solo fritto ma anche marinato. Se riusciamo a trovare finanziamenti e spazi adeguati - spiega - la nostra intenzione è di aprire una lavorazione di prodotti ittici per la ristorazione sia con la vendita diretta ai clienti che anche ai locali. È un passo importante che porterebbe un beneficio all’occupazione. Prevediamo, infatti, che un’operazione del genere possa aprire le porte a più di 50 posti di lavoro».

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