Belgrado rilancia: «Il Nord del Kosovo vada alla Serbia»

La proposta del ministro degli Esteri Dačić a Priština irrompe sul palcoscenico della mediazione bilaterale

BELGRADO. I rapporti tra Serbia e Kosovo sono “il problema” che sta caratterizzando ancora forti tensioni nei Balcani occidentali. I tentativi di mediazione sotto la supervisione dell’Unione europea proseguono molto a rilento. A dare un’accelerata,se non al dialogo, ma certamente a un nuovo fronte di polemiche ci pensa il vicepremier e ministro degli Esteri della Serbia, Ivica Dačić. Questi in un’intervista rilasciata al quotidiano serbo Novosti ha presentato un progetto di divisione del Kosovo in base al quale la parte settentrionale del Paese dei merli, abitato in stragrande maggioranza da serbi, spetterebbe per l’appunto alla Serbia.

In questo modo, secondo Dačić, si riuscirebbe a sciogliere finalmente il “nodo Kosovo” che ancora oggi, lo ricordiamo, Belgrado ritiene serbo a tutti gli effetti. Ricordiamo che il Kosovo è riconosciuto come Stato indipendente da 115 sui 193 Stati membri delle Nazioni Unite e tra questi, ad esempio, non c’è la Spagna la quale, ovviamente, teme che la situazione istituzionale kosovare possa influire sulla storica disputa interna e che vede la Catalogna sempre più ammaliata dalle sirene indipendentiste.

Il capo della diplomazia serba ha ammesso che l’attuale politica di Belgrado nei confronti del Kosovo ha accusato una pesante sconfitta visto che il Kosovo nella sua interezza non può più far parte della Serbia se non con la guerra, fatto questo che sarebbe una battaglia persa a priori. Battaglia persa, comunque precisa Dačić, sarebbe anche quella del riconoscimento dell’indipendenza di un Kosovo albanese. «In base a entrambi i concetti su esposti - ha precisato ancora Dačić - i serbi non otterrebbero nulla, se non la sconfitta».

Il ministro si è detto impegnato a trovare una soluzione alla difficilissima questione tra Belgrado e Priština. «E una soluzione si può trovare - ha affermato Dačić - solamente con il dialogo tra serbi e albanesi al termine del quale entrambi qualche cosa otterrebbero e qualche cosa perderebbero». Insomma Dačić sembra dare ragione a Winston Churchill quando affermava che una mediazione è veramente riuscita se entrambe le parti si alzano dal tavolo di confronto insoddisfatte. Nell’intervista Dačić allora ha puntato il dito sulla sua proposta ossia una suddivisione del Kosovo tra Priština e Belgrado dando «ai serbi quello che è serbo e agli albanesi quello che è albanese».

Ovviamente ai serbi che rimarrebbero in Kosovo, secondo Dačić, dovrebbe essere concessa una forte autonomia così come uno status speciale, simile a quello del Monte Athos in Grecia, dovrebbe essere concesso ai monasteri serbo-ortodossi in Kosovo. Infine un’affermazione che, detta dal ministro degli Esteri e vicepremier della Serbia, ha un valore storico: i serbi non devono vivere nel passato e piangere per le battaglie perse. Che qualche cosa si stesse muovendo lo si era intuito anche dalle dichiarazioni del presidente serbo Alexandar Vučić e del suo omologo kosovaro Hashim Thaci al termine del loro incontro il 3 luglio scorso a Bruxelles con L’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Federica Mogherini. In quell’occasione Vučić ha parlato di «un nuovo inizio» del dialogo tra le due parti puntando su una possibile autonomia del gruppo dei comuni serbi nel Nord del Kosovo. «Il dialogo con Belgrado è a un nuovo livello», gli ha fatto eco il presidente kosovaro Thachi che va «verso una normalizzazione dei rapporti». Parole che sono costate a Thachi pesanti critiche a Priština al punto che la Lega democratica aveva chiesto che il presidente venisse escluso dal tavolo negoziale con la Serbia. Ora entra di prepotenza sul palcoscenico Ivica Dačić. La soluzione resta, comunque, ancora molto lontana

 

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