Belgrado, l’ultima purga: via nomi delle vie dedicate «agli Stati irrispettosi»
BELGRADO Via anche le ultime vestigia di un passato sempre più remoto – ma ancora rimpianto da molti – quello della Jugoslavia socialista. E più nessun “onore” a chi non rispetta la Serbia, a cui va invece destinata una vera e propria damnatio memoriae. Si va in questa direzione, a Belgrado, capitale serba dove presto scomparirà la gran parte dei nomi delle vie, sopravvissuti ai bui Anni Novanta, dedicati alle nuove repubbliche nate dal collasso della Federazione di Tito o a città come Lubiana, Zara o Spalato.
Ma nel mirino dei revisionisti ci sarebbero anche la “Sarajevska ulica” e la via intitolata a Zenica, altra importante città bosniaca. È quanto ha annunciato il potente e controverso vicesindaco della metropoli serba, Goran Vesić, che ha anticipato una nuova ondata di modifiche alla topografia cittadina, già profondamente mutata negli ultimi decenni. In questo giro dovrebbero cambiare nome vie come quelle oggi dedicate a Parenzo (Porečka ulica, nel cuore della capitale), Hvar, Spalato, Bjelovar, ma anche la vie in onore della Croazia (Hrvatska ulica, nel centro città), Sebenico, Lubiana, quelle dedicate a Bled, Maribor, Celje e via così. Non si tratta di modifiche banali, ma di una mossa anche e soprattutto politica. «La capitale – ha spiegato Vesić al quotidiano Večernje Novosti – rappresenta l’intero Paese con i nomi delle sue vie e i monumenti». Capitale che, oggi, non è più quella della Jugoslavia. E allora non sarebbe più «normale per noi avere una via Croazia, Zagorska, Zagabria o Zara» in città, ha aggiunto Vesić. Ma ci sarebbe di più. Secondo il vicesindaco – vicinissimo al governo e al presidente Vučić – voltare pagina sarebbe un passo necessario, anche per “punire” quegli Stati balcanici dove «la Serbia non è rispettata». È dunque una faccenda di «reciprocità», dato che, ad esempio, in Croazia e in Slovenia ci sarebbero ormai pochissime vie dedicate alla Serbia o a Belgrado. Invece «Vienna ha la sua piazza Belgrado, Bruxelles la sua via Belgrado ed è tempo di onorare chi rispetta la nostra città e il nostro Paese». Sarebbe invece «masochistico» continuare a mantenere nomi di località e di nazioni «dove tutto ciò che è serbo è stato cancellato», ha sottolineato Vesić. Mossa, quella in arrivo a Belgrado, che è stata accolta da grandi discussioni e polemiche sui social, tra chi sostiene la lettura di Vesić - «la Croazia ha cancellato tutto ciò che è collegato alla Serbia da più di vent’anni» - a chi è contro - «meglio fare le fognature, a Belgrado, quello è un problema vero». Di certo, cambiare il nome delle vie è una procedura assai comune, in particolare a Belgrado, come dimostrano le tabelle agli angoli delle strade, che in moltissimi casi indicano i nomi antichi delle vie, quelli post-1920, quelli dell’epoca socialista e quelli più recenti.
Secondo i media locali, dal 2000 sono state 9 mila le vie che nella capitale serba hanno cambiato nome, in un confronto acceso e pubblico – cancellando onori a personalità o date care al defunto regime socialista, spesso riesumando nomi collegati al passato monarchico. Ma si tratta di un processo che ha avuto luogo non solo in Serbia, ma in tutti i Balcani e nell’Europa centro-orientale dopo la caduta del Muro. E dopo le guerre jugoslave, che hanno contrapposto e diviso popoli per qualche decennio fratelli, anche sulla toponomastica. —
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