Barricate a difesa del porto di Trieste: «No alla super Authority»

Operatori e politici si schierano contro la governance unica del Nord Adriatico. E il capogruppo di Forza Italia in Fvg Riccardo Riccardi invita la governatrice Debora Serracchiani a farsi valere contro le ambizioni di Venezia
Merce movimentata nel porto di Trieste
Merce movimentata nel porto di Trieste

TRIESTE. Non piace né agli operatori, né ai politici l’Autorità di Sistema portuale Nord Adriatica tratteggiata nella bozza del ministro di Infrastrutture e trasporti Graziano Delrio e che comprende oltre a Trieste, anche Venezia, Ravenna e Ancona. «È impensabile - afferma Pierluigi Maneschi proprietario della società che gestisce il terminal container oltre che presidente di Italia Marittima - una governance che comprenda Trieste, l’unico porto italiano a vocazione prettamente internazionale, a tre porti che servono quasi esclusivamente il mercato italiano: si finirebbe per mortificare sia l’uno che gli altri. Il nostro scalo comincia a essere preso in considerazione da Austria e Germania, perfino dalla Russia, solo l’Italia sembra non volerne sfruttare le potenzialità.

E tutto ciò senza voler inserire il discorso del Punto Franco che a propria volta costituisce una specificità non amalgamabile agli altri scali». Sono considerazioni quasi sovrapponibili a quelle che fa il sindaco Roberto Cosolini: «Difficile mettere assieme quattro porti così diversi e quattro Regioni. È poi importante la questione su quale città sarà la sede della nuova Authority, ma più cruciali ancora saranno le scelte strategiche che verranno fatte, se cioé il Governo vorrà buttare due miliardi per la piattaforma off-shore di Venezia o se con un decimo di quei soldi vorrà rafforzare Trieste. Deve essere fatta una scelta precisa sulle vocazioni e sulle funzioni dei singoli scali: nell’ambito dei container non vi sono dubbi sul fatto che è proprio Trieste il naturale hub internazionale dell’Alto Adriatico e di conseguenza il porto su cui bisogna puntare».

Riforma dei porti: Trieste nella "Nord Adriatica" assieme a Venezia, Ravenna e Ancona
Una veduta del Molo Settimo

«Dare a Trieste e al Friuli-Venezia Giulia una cornice istituzionale e logistica più solida e integrata è condizione indispensabile per poter rivendicare con argomenti convincenti un ruolo centrale nel futuro assetto portuale», afferma il senatore del Pd Francesco Russo che poi fa un esempio concreto: «Trieste città metropolitana, come previsto dal mio emendamento già approvato in Commissione al Senato, avrebbe la possibilità di nominare autonomamente un rappresentante nel Consiglio di gestione della nuova Authority Alto Adriatica oltre a quello di competenza della Regione; questo darebbe naturalmente al nostro scalo e a tutto il territorio regionale un peso maggiore nella governance chiamata a scegliere la strategia futura dei traffici Nord-adriatici». «L'idea di un'unica Autorità portuale che vada da Trieste ad Ancona - sostengono Andrea Ussai, portavoce M5S in Regione e Paolo Menis e Stefano Patuanelli al Comune di Trieste - si commenta da sola: una sciocchezza colossale. L'unica vera riforma che la nostra città attende da vent'anni è il regolamento di attuazione del Punto franco internazionale, norma prevista nella legge 84 e mai presa in considerazione da alcun Governo».

Sullo stesso tasto batte il senatore Lorenzo Battista del gruppo parlamentare Per le autonomie: «Il riordino delle Autorità portuali deve rappresentare un’ occasione utile per valorizzare la peculiarità dei Punti franchi del nostro porto e per emanare i decreti legislativi necessari a garantire un regime fiscale agevolato. Questo favorirebbe la creazione di un polo d'eccellenza capace di primeggiare sui mercati internazionali».

Il capogruppo di Forza Italia in Regione Riccardo Riccardi richiama al proprio ruolo Debora Serracchiani che è anche vicesegretario nazionale del Pd. «È chiaro che se fosse Trieste la sede decisionale e strategica di questa nuova Autorità portuale - commenta - sarebbe una scelta che proietterebbe tutta la regione a essere baricentrica rispetto a quella parte di Europa che vede nello scalo giuliano il terminale per i propri traffici. Quindi si tratterebbe di una concreta prospettiva di sviluppo, che verrebbe invece fortemente pregiudicata nel caso in cui il governo assumesse decisioni diverse».

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