Archivi, salva la Soprintendenza

La riforma conserva l’autonomia e la sede a Trieste. Fusione di Beni artistici e Beni architettonici
Silvano Trieste 28/10/2014 Archivio di Stato
Silvano Trieste 28/10/2014 Archivio di Stato

È legge da ieri la nuova architettura organizzativa del ministero dei Beni culturali, snodo centrale della riforma a firma del ministro Dario Franceschini, che solo fino a pochi giorni fa lasciava ipotizzare come (unico caso in Italia di fusione “a tre”) la Soprintendenza archivistica di Trieste e della regione sarebbe stata accorpata con sede a Venezia a quelle del Veneto e del Trentino-Alto Adige. Non è così, il testo finale corregge e conserva.

La Soprintendenza archivistica del Fvg, con sede a Trieste nel palazzo dell’Archivio di Stato in via La Marmora, mantiene la propria indipendenza, come avevano molto caldeggiato anche i dirigenti, ma non solo, per non perdere il fruttuoso contatto coi beni culturali privati da mettere sotto tutela e in salvo.

Battaglia vinta, dunque, ma un altro cambiamento “epocale” è andato invece in porto, esattamente come era stato annunciato: la Soprintendenza per i beni storici e artistici viene accorpata, qui come altrove senza distinzioni, con quella ai Beni architettonici in una struttura unica, che si chiama Soprintendenza delle Belle arti e del paesaggio. Nulla cambia per la Soprintendenza archelogica, che rimane stabile al proprio posto.

Per intenderci, il ruolo a oggi rivestito dal soprintendente Luca Caburlotto (Beni storico-artistici) e quello in carico a Maria Giulia Picchione (Beni architettonici) diventano un ufficio unico. Salta insomma un posto, anche se la riforma non è tutta qui e altre posizioni si liberano: parliamo dunque di forte riorganizzazione, 37 dirigenti in meno in Italia, ma probabilmente molti potranno ambire alle nuove posizioni che entrano in campo. Forse piuttosto i soprintendenti “tagliati” faranno altro, se avranno i titoli per vincere i prossimi concorsi del ministero.

Sarà però quella Soprintendenza unica da ora in poi a prendersi cura sia di Miramare e sia dei permessi urbanistici. Cambiamento che è stato fortemente avversato dagli storici dell’arte, perché dare pareri urbanistici è prerogativa molto più facilmente attribuibile a un architetto. Competizione impari. Ma la fusione c’è stata.

La riforma porta con sè altre tre novità. Il direttore generale dei Beni culturali sparisce, in ogni regione d’Italia, e viene sostituito con un incarico di segretariato di livello inferiore che avrà semplici funzioni di coordinamento degli uffici periferici del ministero. I quali, per le decisioni sostanziali, faranno direttamente capo alle specifiche direzioni nazionali, ampliate di numero e di organici. Sparisce inoltre il direttore addetto a ogni singola biblioteca statale. Nel caso triestino, Maurizio Messina che ricopriva “a interim” la direzione della Biblioteca statale “Stelio Crise”, resterà titolare solo della Biblioteca Marciana di Venezia, suo incarico principale.

Infine, nascono con la riforma i “poli museali”. Oltre a quelli autonomi di forte spessore nazionale (sono 18 più 2 siti archeologici) tutti gli altri, e anche il nostro, saranno “regionali”, autonomi con un proprio direttore. Posto da creare. Ma che non dovrebbe mettere in gioco il ruolo dei direttori di sede (nel caso specifico, quello di Rossella Fabiani a capo di castello e parco di Miramare).

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