Alinari, dopo anni di stallo rispunta il Museo dell’immagine

La struttura già prevista all’ex Meccanografico, progetto bloccato assieme a quello di Era Il sindaco: «Vicini a una soluzione». Tra le sedi possibili il Castello di San Giusto e Palazzo Gopcevich
Di Fabio Dorigo

Un mese fa era finito nella lista nazionale degli sprechi stilata dalla Corte dei Conti assieme al ponte Calatrava di Venezia. Un contributo di 600mila euro dalla Regione Friuli Venezia Giulia alla Fondazione Alinari per l’allestimento a Trieste di un museo mai nato. Un fantasma. Virtuale come le immagini che vorrebbe custodire e mostrare al pubblico. Il museo inesistente è tornato d’attualità in questi giorni.

Trieste avrebbe potuto avere il primo museo dell’immagine in Europa. Solo che ha lasciato passare otto anni. Ora potrebbe avere il terzo museo multimediale della fotografia d’Europa, dopo Londra e Parigi. Il primo in italia. «Abbiamo in corso un rapporto di piena collaborazione con l’Alinari nella ricerca di una soluzione per il problema del museo della fotografia», spiega il sindaco Roberto Cosolini. Da risolvere c’è un contenzioso legato alla convenzione firmata nel novembre 2005 tra la Fondazione Alinari, presieduta dal triestino Claudio De Polo, e il Comune di Trieste, rappresentato all’epoca dal sindaco Roberto Dipiazza. Il Comune si impegna a offrire uno spazio “prestigioso e adeguato” (minimo 400 metri quadrati) in comodato d’uso gratuito alla Fondazione Alinari che in cambio otteneva un contributo di 600mila euro dalla Regione.

I soldi sono stati versati, ma il museo è stato inghiottito nella vicenda dell’ex Meccanografico di Campo Marzio assieme alla Globo divulgazione scientifica capofila del progetto. Ne è nata un’inchiesta, cantiere fermo da anni. Il museo senza la sede promessa. «Mi sono trovato senza mura con il museo fatto», spiega De Polo. E ora? Un lustro dopo, forse ci siamo. «Una soluzione è vicina. Siamo in dirittura di arrivo», assicura il sindaco ottimista per natura che vuole evitare le aule del tribunale. «Forse stavolta “se pol”. Ci siamo. Del resto il museo è pronto da 5 anni. Manca solo una sede», conferma De Polo. Anche se fatto di immagini virtuali, ha bisogno di quattro mura dove collocare gli schermi. L’assessore al Patrimonio Andrea Dapretto sta cercando una sede adeguata. Attualmente si sta ragionando su due «sedi prestigiose» (assicura De Polo) che il Comune non vuole svelare per evitare polemiche preventive. «Lo diremo al momento opportuno», dice il sindaco. L’offerta è tra il Bastione Fiorito (ora desolatamente vuoto) del Castello di San Giusto e il piano terra (l’area espositiva) di Palazzo Gopcevich dove hanno sede la Fototeca comunale, il museo Schmidl e gli uffici dell’assessorato alla Cultura.

In origine il museo interattivo della fotografia dell’Alinari avrebbe dovuto essere ospitato all’ex Pescheria appena ristrutturata dalla Fondazione CRTrieste e attualmente destinata a polo di divulgazione scientifica. Sul sito dell’Alinari all’epoca apparve addirittura l’annuncio dell’imminente apertura del museo dell’immagine con tanto di fotografia dell’ex Pescheria che l’avrebbe ospitato. «C’è stato un sopralluogo, era uno spazio bellissimo ma spropositato per le nostre necessità», ricorda il presidente dell’Alinari. Così il progetto traslocò verso Campo Marzio con il placet della giunta comunale e regionale, da dove però deragliò assieme a Globo e al suo progetto di divulgazione scientifica. Ora, dopo otto anni di “no se pol” e azioni giudiziarie, forse Trieste avrà il suo museo Alinari.

Il progetto ovviamente andrà aggiornato, visti i passi da gigante fatti negli ultimi anni dalla tecnologia digitale. «Come cittadino del Friuli Venezia Giulia e come triestino voglio anch’io vedere per primo questo museo. Visto che la Regione ha già dato i soldi - spiega De Polo -. Il museo ebraico Carlo e Vera Wagner è nato grazie al contributo della mia famiglia e di quella di mia moglie. Ora voglio dare a Trieste il terzo museo d’Europa dell’immagine. È un progetto a cui tengo molto».

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