Addio Dario De Rosa, uno dei protagonisti del Trio di Trieste

È morto all’età di 93 anni nella sua casa di Firenze il pianista della celebre formazione da camera nata nel 1933: insieme oltre tremila concerti
Di Claudio Gherbitz

TRIESTE. La notizia è giunta inaspettata anche se gli acciacchi propri dell'età l'avevano ultimamente debilitato, talvolta frapponendosi ai suoi impegni alla scuola di Duino. Il suo ultimo, grande rammarico era dato dal mancare all'appuntamento quindicinale. Quando, sollecitato da Fedra Florit, Dario De Rosa era invitato a parlarne, aveva parole di riconoscenza per chi se n’era concretamente adoperato a realizzarla, Zanetti e Belci in primis. Dario amava Trieste ed i suoi concittadini, quei pochi, concreti, che non si scannano come polli. Raccontava: «Quando, sessant'anni fa, sognavamo insieme, il mio grande amico Marcello Mascherini ed io, farneticavamo così: “Questo sarà il nostro villaggio d'arte. Qui faremo suonare una campana, i cui rintocchi segneranno successi ed affermazioni, nostre ed altrui. Qui organizzeremo mostre di pittura e scultura, e potrà nascere una Scuola di Musica, la vostra. Nessuno sapeva sognare come Mascherini...”».

Nato in via Galleria da famiglia di imprenditori artigiani, Dario De Rosa venne avviato agli studi musicali in tenerissima età ed apprese le prime nozioni di pianoforte da uno dei più eletti pianisti triestini del tempo, Eusebio Curelich. Di quell'insegnamento, il giovanissimo Dario assimilò i segreti e ne fece tesoro: le capacità di trascinatore, quando questo fosse necessario con orchestra o con un gruppo numeroso, ma anche la duttilità estemporanea per mantenere perfetto l'equilibrio in duo o accompagnando una voce. Fu proprio nelle aule del vecchio Ateneo “Tartini”, quello di via Carducci, che si formò quel sodalizio musicale divenuto celebre nel mondo. Ne fu artefice un insegnante di violino, Umberto Nigri, che mise insieme a Dario De Rosa i poco più che decenni Libero Lana e il suo prediletto Renato Zanettovich, rispettivamente studenti di violoncello e violino, e li fece debuttare in un saggio scolastico.

Nacque così il “Trio di Trieste”, formazione unica nella storia perchè seppe mantenere nel tempo il carattere di stabilità. Correva l'anno 1933. In una formazione da camera non esistono priorità: tutti per uno ed uno per tutti. Suonando a tre, ogni strumento ha pari importanza, eppure il pianoforte ha una sua diversità specifica, sul pianista concentrandosi le potenzialità di uno strumento unico. Tempo addietro un autorevole critico ebbe a definire De Rosa “il pianista più intelligente oggi in circolazione”. Visto l'affollamento della galassia, un'affermazione non da poco. De Rosa fu anche docente, comprensivo ma esigente, e fece parte del Tartini statalizzato fin dagli inizi. Nel tempo, la burocrazia imperante soverchiò la sua dedizione e, come tutti gli artisti sensibili, finì per dedicarsi al meglio in strutture indipendenti: l'Accademia Chigiana, Fiesole, Imola.

Con lui se ne va un palmarès irraggiungibile: con la sola sostituzione del violoncellista Lana con Amedeo Baldovino (avvenuta nel 1961, Baldovino è mancato nel 1998), una carriera concertistica di 60 anni e passa. Numeri impressionanti: almeno tremila concerti nei cinque continenti. Trenta apparizioni alla Scala, centottanta a Trieste fra il Verdi e la Società dei Concerti, registrazioni discografiche per Deutsche Grammopohon, Decca e Nuova Era. Grand Prix du Disque per l'integrale di Brahms, Grande Ufficiale della Repubblica, "Microfono d'argento", Diapason d'oro, San Giusto d'oro, Viotti d'oro, Maschera d'argento, Premio Abbiati della critica, Accademico di Santa Cecilia. Questo di Dario De Rosa è un nome che da solo potrebbe certificare Trieste “città musicalissima”.

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