Accoglienza, patto-paracadute per i 60 esuberi Ics

TRIESTE Sindacati e Ics hanno raggiunto un «accordo paracadute» sulla sessantina di esuberi previsti che, da un momento all’altro, potrebbero tradursi in licenziamenti e colpire così i dipendenti della realtà che si occupa di accoglienza. Il condizionale resta d’obbligo perché, a oggi, non vi sono certezze appunto sul futuro del sistema d’accoglienza cittadino, che continua a funzionare in regime di proroga alle condizioni che hanno preceduto il cambio di rotta dell’ex governo gialloverde.
«È un accordo sindacale complessivo – spiega Virgilio Toso della Cgil Fp, anche a nome delle sigle Uiltucs, Usb e Usi – finalizzato a costruire una cornice di salvaguardia il più lungimirante possibile, tramite l’utilizzo di ammortizzatori sociali quali il Fondo d’integrazione salariale e la Naspi ma anche tramite un’ampia copertura temporale a disposizione per la ricollocazione dei lavoratori, che conserveranno così il diritto a rientrare nell’organico dell’Ics in maniera prioritaria rispetto a eventuali nuovi assunti fino a sei mesi dopo il percepimento dell’ultima indennità Naspi».
«L’Ics nel frattempo rimane in stato di crisi», prosegue il sindacalista: «Speriamo non si arrivi a tanto ma è impossibile sapere come si evolverà la situazione. Continueremo a monitorarla con degli incontri periodici e chiederemo alla Regione di farsi parte attiva nell’iter».
A rendere il futuro tanto incerto sono due procedure in corso da quest’estate: l’affidamento di Casa Malala (per cui concorrono tre grandi realtà provenienti da fuori regione, oltre che il tandem Ics-Caritas) e la negoziazione Ics-Prefettura, finalizzata a stabilire un tariffario per l’accoglienza diffusa coerente con i costi del servizio secondo il precedente governo a traino leghista.
Il prefetto Valerio Valenti conferma che l’esito di entrambi gli iter è da definirsi, sottolineando di essere in attesa di un riscontro dell’Ics.
«Ogni possibilità rimane aperta», commenta dal canto suo il presidente Ics Gianfranco Schiavone: «C’è stata una discontinuità politica a livello nazionale che finora non ha tuttavia dato segnali univoci. Si dice di voler tornare a un’accoglienza di qualità, che però è incompatibile con i capitolati di epoca salviniana in vigore. Noi continuiamo a essere indisponibili a gestire “strutture pollaio”».—
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