«A Kirov scaviamo in cinque fosse»
TRIESTE. «La stampa ha parlato di una singola fossa comune, ma gli scavi di Kirov interessano un'area lunga 5 km e larga 300 metri, lungo i binari della Transiberiana: a oggi abbiamo individuato 5 grandi sepolture ma a fine lavori potrebbero essere di più. La fase di riesumazione comincerà dopo l'inverno, spero nel maggio 2017, e dovrebbe durare diversi mesi. Basandoci sulle statistiche di altre fosse, riteniamo di trovare 10-20mila persone, di cui metà tedeschi: ci saranno militari di quasi tutti i paesi dell'Asse e gli italiani potrebbero essere mille o duemila».
Alexey Ivakin, autore di diverse pubblicazioni e appassionato di storia e archeologia militare, è il ricercatore russo che per primo ha dato notizia del ritrovamento sul suo blog e ora lavora per delimitarne i confini: «Faccio parte dell'associazione civile Dolg (Obbligo), che si sta occupando per conto del governo russo di mettere in sicurezza l'area: Mosca sta assicurando gli scavi. A Kirov, Dolg conta sull'opera di un migliaio di ragazzi, aiutati da militari che si occupano di questo genere di ricerche. Per ora abbiamo trovato le piastrine di un soldato italiano, un tedesco e un ungherese. Ne stiamo cercando altre: la priorità è ricostruire le nazionalità dei sepolti». Ivakin sorride quando gli si parla di scoperta recente: «Qui lo sapevamo dal 2002: quando fui informato del primo ritrovamento mi rivolsi a Voennie Memorialy (branca del ministero della Difesa russo impegnata nel recupero dei caduti di guerra, ndr), come prevede la legge, ma la cosa non ebbe seguito e fu "dimenticata" fino a giugno di quest'anno, quando i lavori per la costruzione di villette hanno riportato alla luce resti umani: ora il terreno verrà espropriato e i proprietari indennizzati. Ho scritto subito del ritrovamento sul mio blog e in 24 ore la notizia è stata rilanciata dai ragazzi ungheresi: dovete ringraziare Andrej Ogoljuk se la cosa è arrivata in Ungheria e Italia, mettendo tutto in moto».
Ora "Dolg" sta procedendo con la mappatura del terreno: «Abbiamo fatto 7mila scavi a campione: è la fase iniziale della ricerca per definire margini delle sepolture e nazionalità dei soldati. Siamo pronti a dedicarci attivamente alla questione, ma serve il sostegno economico dei paesi europei: c'è tantissimo lavoro. Spero sia possibile finanziare le esumazioni: altrimenti si potrà soltanto allestire un cimitero militare e apporre cippi commemorativi. Normalmente cerchiamo resti di soldati dell'Armata rossa: per questi il governo russo sostiene i costi della sepoltura, ma per gli stranieri dev'esserci l'impegno delle nazioni d'origine, come prevedono gli accordi intergovernativi. Si tratta dei vostri soldati, della vostra coscienza: noi scaviamo, ma voi dovete riportare a casa i resti. Non ci opporremo se cittadini europei vorranno prendere parte ai lavori».
Ivakin rifiuta la richiesta di divulgare immagini dei resti. «Ma posso dire che lo stato di conservazione di alcuni corpi è molto buono: si possono vedere muscoli, capelli, pelle e parte dei vestiti. Finora abbiamo diffuso solo le foto delle piastrine e medagliette religiose. I vostri soldati vennero portati qui esausti e ammalati da Stalingrado e Voronezh: furono sotterrati dalle ragazze che vivevano nei villaggi del circondario, gli uomini erano al fronte per difendere la patria. Queste sepolture sono di fatto note dal 1943: il governo ungherese ha già eretto memoriali ai propri caduti. Sembra che invece a Italia e Germania non interessi. Ma meno si coltiva la memoria e più sangue scorrerà in futuro». (Traduzioni a cura di Alexey Grankowsky e Ekaterina Kochegurova)
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