A caccia di fortuna nell’Ue. Nuovo esodo dall’Albania

Lasciano tutto alle spalle per cercare asilo in un Paese dell’Ue. Ma non fuggono da una guerra e assai di rado sono in grado di denunciare di aver subito qualsivoglia persecuzione

BELGRADO. Lasciano tutto alle spalle per cercare asilo in un Paese dell’Ue. Ma non fuggono da una guerra e assai di rado sono in grado di denunciare di aver subito qualsivoglia persecuzione. Scappano invece dalla povertà: cercano una vita migliore e un lavoro. È questo l’obiettivo di migliaia di cittadini albanesi che stanno abbandonando a ritmi sempre più accelerati la loro patria per chiedere protezione internazionale in una nazione dell’Ue.

Il fenomeno non è nuovo. Nel 2015 erano stati circa 50mila i “profughi” dall’Albania, un flusso ridottosi l’anno successivo. Ma ora i numeri, resi noti da Eurostat, ricominciano a salire. Sono stati quasi 28mila negli ultimi 12 mesi i richiedenti asilo albanesi in nazioni Ue, 6mila solo da aprile a giugno, un +9% rispetto al periodo gennaio-marzo: non pochi per un Paese di meno di tre milioni di abitanti. Le chance che ottengano asilo sono pari a zero. Ma continuano a partire da Tirana, provocando seri problemi alla leadership del Paese, che si era impegnata con Bruxelles a eradicare il problema cancellando l’Albania dalla testa della classifica dei Paesi d’origine del maggior numero di richiedenti asilo in Europa, insieme a Siria, Afghanistan, Pakistan, Iran ed Eritrea. Perciò la leadership ha lanciato una «campagna informativa» tra la popolazione, con volantini distribuiti in particolare negli aeroporti, per scoraggiare chi è in procinto di imbarcarsi. «Con i dépliant distribuiti vogliamo incoraggiare i viaggiatori albanesi a rispettare i criteri per il libero movimento» nei Paesi dell’area Schengen, ha detto il viceministro degli Interni, Rovena Voda. Voda ha ammesso come la questione “finti” richiedenti asilo - leggi persone che non fuggono da conflitti o persecuzioni, ma sono in realtà migranti economici - è seria e va affrontata ancora una volta, per far sì che «l’Albania non divenga protagonista del fenomeno, segnalato come fonte di preoccupazione da varie nazioni parte dell’Ue». Nazioni come la Germania, in passato meta privilegiata per i richiedenti asilo albanesi; ma anche la Francia, dove quest’anno sta arrivando la gran parte dei partenti, con 4mila richiedenti asilo, secondo quanto ha riportato ad agosto l’agenzia di stampa francese Afp. L’Afp aveva anche fornito qualche descrizione più articolata del fenomeno, sentendo ad esempio un venditore di strada di Tirana che aveva spedito il figlio minorenne in Francia, per chiedere asilo e poi imparare un mestiere, «un grande sacrificio per noi».

«Siamo garanti per la libertà e la responsabilità» del libero movimento nell’area Schengen, riconosciuto all’Albania nel 2010, aveva rimarcato in estate il ministro degli Esteri albanese, Bushati, in visita proprio in Francia, mentre il ministro degli Interni francese, Gerard Collomb, aveva parlato di «problema cruciale» da risolvere quanto prima.

Ma i richiedenti asilo albanesi non mirano solo ai Paesi dell’area Schengen. Sono state oltre 1.200 quest’anno le persone bloccate mentre dal porto spagnolo di Bilbao cercavano di imbarcarsi illegalmente sui Ferry boat della compagnia Brittany diretti verso Portsmouth, ha informato la stampa britannica. E anche in questo caso la maggior parte erano giovani albanesi: in fuga dai bassi salari, in media 340 euro al mese; e dall’alta disoccupazione giovanile, al 36,4% nel 2016, di soli 4 punti inferiore a quella del 1991, quando l’Albania si era da poco liberata dal regime di Enver Hoxha. Altri tempi, ma per alcuni “Lamerica” è ancora un miraggio da inseguire.
 

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