Zorro salta ancora tra volley, Trieste e teatro

Dal campo al palcoscenico: «La scelta di fare qui il mondiale è stata azzeccata»

TRIESTE. Dalla “seconda linea” o dal muro, ai set televisivi di Sky, al palcoscenico di un teatro. Andrea Zorzi, veneto di Noale, ha smesso di saltare 16 anni fa. In campo è stato per un decennio “Zorro”, l’opposto più completo del mondo.

Ma a pochi mesi dai 49 anni i suoi balzi sono ancora visibili.

“La leggenda del pallavolista volante” è il titolo dello spettacolo portato in scena in una Trieste che nei prossimi mesi farà gli onori di casa al volley mondiale, prima con i maschi della nazionale italiana impegnati nella World League (venerdì 30) e poi con le ragazze che giocheranno a settembre due fasi del campionato mondiale.

«L’idea del teatro è nata per caso. Ero a Firenze che due anni fa era la città europea dello sport e alcuni amici professionisti del teatro mi hanno proposto di fare una rappresentazione sulla pallavolo. All’inizio doveva essere solo la lettura di un testo da parte di chi come me ha partecipato alla “generazione di fenomeni” del volley. Poi l’idea si è sviluppata e quest’anno è partita la tournèe che tocca le sei città sedi dei mondiali italiani di volley femminile. E Trieste è la penultima tappa».

Casuale l’incontro con il teatro così come l’approccio all’attività pallavolistica.

«Ho cominciato a 16 anni - continua - perché ho incontrato un professore di scuola superiore appassionato di pallavolo. Lo sport prima? Niente. Il primo anno è stato faticoso perché ero scarso. Poi ho incontrato buoni maestri. E ho contribuito a fare crescere la nazionale a livelli a quel tempo inimmaginabili. Il segreto? Mai autocelebrarsi».

Questo era anche il segreto della “generazione di fenomeni”?

«A distanza credo che la grande forza di quel gruppo sia stata la capacità di metabolizzare le sconfitte e di superarle. Anche se ci sono alcune come l’argento di Atlanta ’96 che restano indelebili»

Com’è questa pallavolo rispetto a quella dei vostri tempi?

«Io non ho mai giocato con il rally point system. I ragazzi di oggi fanno delle cose impensabili vent’anni fa. Il gioco è più veloce e la fisicità è costruita in ogni dettaglio. Ma non è scontato che un gioco più veloce crei di conseguenza uno spettacolo migliore».

Trieste diventa per qualche mese una casa del volley mondiale. Lei per motivi professionali ha già annusato la città sul piano sportivo.

«Avevo organizzato un reportage sullo sport di base. Trieste è eccezionale non solo per la sua bellezza ma soprattutto per quei centri di cultura sportiva per i giovani che sono i ricreatori. E poi io ho sempre respirato l’aria di confine. Lo si percepisce nel fisico e nel modo di porsi dei triestini. È una grande ricchezza e lo si è visto sia in occasione dei mondiali di volley del 2010 (con la Polonia che ha riempito il palazzetto ndr) e credo che il girone con le ragazze della Serbia da protagoniste vada nella stessa direzione».

Venerdì prossimo al PalaRubini si gioca Italia-Iran di World League. Gli avversari degli azzurri sono stati costruiti dal suo maestro Velasco. Come vede questo match?

«Julio ha fatto moltissimo per far cresce il volley in Iran. E questa squadra è stata una grande sorpresa positiva degli ultimi anni. Ora vedremo cosa farà Covacs che è un ottimo allenatore ma credo che in questo momento alla loro squadra mancherà qualcosa sotto l’aspetto della continuità»

Quindi l’Italia è favorita?

«Credo di sì, ci sono ragazzi di grande forza fisica e talento come Zaitsev o Travica solo per citarne due. E alla lunga , se prendono consapevolezza dei loro mezzi, possono anche essere competitivi con la Russia a livello mondiale»

E le ragazze?

«Per quanto riguarda il prossimo mondiale il lavoro è appena cominciato e quindi bisogna avere un po’ di pazienza. Comunque credo che se arrivassero alla fase finale di Milano, e quindi tra prime quattro, sarebbe un grande successo».

E quindi qual è il team più accreditato?

«Il Brasile che giocherà a Trieste ha il volley nel sangue. Però non è forte fisicamente come la Russia. Mi aspetto nella fase finale del torneo una sfida avvincente e spettacolare».

Meglio esibirsi su un campo, su un set televisivo o su un palcocenico?

«Sgombriamo subito il campo: sul parquet ormai facciamo solo qualche partita con gli amici o i tornei master. L’esperienza in televisione è stata una piacevole scoperta. Anche in questo caso tutto è avvenuto in modo casuale. Sky ha deciso di non seguire più il volley e io ho messo la mia capacità tecnica di usare la Lim (lavagna magnetica multimediale) a disposizione degli altri sport. Finora ha funzionato bene e sembra che il pubblico stia apprezzando questa nuova frontiera. Devo solo stare attento con il calcio perché ci sono milioni di italiani che ne sanno più di me...»

E il teatro?

«Lo spettacolo che portiamo in giro per l’Italia, grazie al talento artistico di Beatrice Visibelli, è molto fisico. Rispetto al lavoro davanti alla telecamera si suda come durante un match. La differenza è che non devi vincere ma hai di fronte un pubblico vero. E se chi ti sta di fronte non apprezza quello che fai lo senti immediatamente».

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