Wright:Alma, la vita mi ha reso un combattente

Il play e leader biancorosso racconta la sua sfida alla sclerosi multipla
Chris Wright in azione
Chris Wright in azione

TRIESTE. «La gente come noi non molla mai». Per il popolo della Pallacanestro Trieste è un marchio. Orgoglio e identità. Per Chris Wright non è uno slogan. È la fotografia della sua vita. O, almeno, dei suoi ultimi sei anni.
Chris Wright è il nuovo play dell’Alma. Gran giocatore e bella presa, da quanto si è visto finora. Si è guadagnato la prima standing ovation dell’Allianz Dome in questa stagione. Ottimo regista, raccomandano tecnici e tifosi che l’hanno ammirato nella A italiana negli ultimi anni.
Ma Chris Wright, nel mondo del basket, è anche «quello che gioca convivendo con la sclerosi multipla». Ha portato la sua storia anche nella Nba: tre partite con i Dallas ma sufficienti per segnare un canestro che è storia. Nessuno con quella patologia l’ha mai fatto.
«Io sono un combattente. La malattia ha cambiato la mia esistenza, mi ha fatto cambiare l’approccio verso la vita e gli altri. Quando ho scoperto di avere la sclerosi multipla non c’erano altri esempi da seguire. C’era chi escludeva che potessi tornare a giocare a basket. Io ho dimostrato e dimostro ogni giorno che, invece, posso farlo. E voglio giocare bene perchè spero di essere un esempio vincente per quelli che si trovano nella mia condizione».
In molti conoscono la sua storia. Nei loro confronti prevale l’importanza di essere diventato un testimone per chi soffre di sclerosi multipla oppure talvolta le pesa una curiosità che rischia di diventare morbosa?
Posso provare entrambi gli stati d’animo. La mia storia è nota ma non chiedo di venir trattato in modo diverso. Non voglio che gli altri si sentano dispiaciuti per me. Il pietismo non serve. Trattatemi come un giocatore qualsiasi e giudicatemi per quello che dimostro. Io, da parte mia, cercherò di non tradire la fiducia. Sarò concentrato e affamato.
A Trieste le sono state consegnate le chiavi della squadra. Nelle prime uscite è sembrato più attento a calarsi nel gioco di Dalmasson che a cercare il canestro.
Io sono un play e per far giocare la mia squadra devo capire le situazioni. Questo è il mio lavoro: usare l’ esperienza per mettere i compagni nelle condizioni migliori. È anche ciò che mi chiede il coach. E i miei obiettivi personali coincidono con quelli dell’Alma. Non mi interessa segnare 25 punti se poi perdiamo. Forse se giocassi in un altro ruolo ragionerei in modo diverso, ma un vero play deve comportarsi così.
Etica del lavoro. Rigore. Valori. In una squadra bisogna convivere con caratteri diversi. Oppure gestire situazioni particolari. Da americano ormai esperto dell’Italia inevitabilmente dovrà fare da riferimento anche a chi, come Walker, è un rookie.
Io affronto la vita con la mentalità dell’uomo di famiglia. Sono stato educato così e mi sento così. Avverto la responsabilità del ruolo in campo e trovo giusto che chi come me o Sanders, ottimo compagno e cestista di grande talento, ha superato da tempo lo spaesamento dell’Usa che arriva a giocare qui, protegga i più giovani insegnando come ci si comporta dentro e fuori dal campo. Non è facile la prima esperienza in Europa, io, Jamarr o Knox ci siamo già passati e possiamo essere d’aiuto.
I tifosi le hanno già dimostrato affetto.
Mi fa piacere e prometto che farò di tutto per non tradire la loro fiducia. Trieste mi sembra una realtà diversa da quelle dove ho giocato finora, probabilmente dipende dalla sua storia e dall’essere un crocevia di popoli. A me piace parlare con la gente, se mi incrociate per strada salutatemi. Mi piacerebbe scambiare due parole in italiano ma qui è l’unico posto dove chi mi incontra spontaneamente mi parla in inglese...

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