Triestina, mesi di cantiere aperto: mai schierata la stessa formazione

Al di là di infortuni, squalifiche e turnover i tre allenatori hanno cercato di trovare la quadratura ruotando i giocatori da un match all’altro a discapito della continuità
Lasorte Trieste 20/10/19 - Calcio Serie C, Triestina - Padova, Malomo, Lambrughi
Lasorte Trieste 20/10/19 - Calcio Serie C, Triestina - Padova, Malomo, Lambrughi

TRIESTE. In queste prime 18 giornate, quando ne manca solamente una al termine del girone di andata, c’è un dato che fa particolarmente impressione della stagione alabardata: la Triestina finora non è mai scesa in campo con la stessa formazione. In diciotto partite, quindi, ci sono state 18 Triestine diverse. A volte è cambiato un solo giocatore, altre volte ci sono state formazioni completamente stravolte, ma la sostanza è questa e invita a delle riflessioni. Innanzitutto è vero che una parte delle motivazioni è casuale o contingente: la squalifica di un giocatore, qualche infortunio, un turnover obbligato in mezzo a una serie di impegni ravvicinati. Tutte cose che ci stanno nell’arco di una stagione.

Ma la base di questo continuo alternarsi di giocatori, è indubbiamente quello di una ricerca incessante e spasmodica (in certi momenti quasi disperata) di una quadratura ottimale che potesse far rendere al meglio questa rosa. Perché è ovvio che quando le cose non funzionano, chi è in panchina deve provare, cambiare, verificare alla ricerca della formula migliore per una squadra che, a volte in modo inspiegabile, rende meno di quanto previsto.

È una ricerca continua che ha coinvolto tutti i tecnici, da Pavanel, all’interregno di Princivalli fino a Gautieri. Anzi, chi ci è andato davvero vicino a ripetere la stessa formazione è Pavanel, che dopo la sconfitta in casa col Piacenza, a Cesena si è ripresentato con lo stesso undici a parte il portiere, perché nell’occasione Matosevic aveva preso il posto dell’infortunato Offredi.

Poi è stato sempre una modifica continua dovuta comunque, come detto, anche a motivazioni che vanno al di là delle scelte tecniche. I continui infortuni di Frascatore, gli acciacchi di Lambrughi e Offredi, le squalifiche di Malomo, il rendimento sotto le attese di Scrugli e ultimamente il lancio di Ermacora, hanno fatto sì che in difesa ci fosse sempre fermento e che l’unico vero punto fermo sia stato Formiconi.

A centrocampo, l’alternarsi di schieramenti a due o a tre, ha già creato una frequente rotazione: ci sono stati i tentativi di reggere in mezzo con una coppia di registi come Giorico e Paulinho, poi i graduali inserimenti di Maracchi, quindi le opzioni Beccaro e Steffè quando si è passati a tre. Gli esterni nel 4-4-2 hanno avuto spazio, ma fra Procaccio, Gatto, Mensah e lo stesso Beccaro, anche qui i cambi sono stati numerosi. Ed è ovvio che questi stessi giocatori hanno trovato poi meno spazio giocando con un centrocampo a tre, con il solo Procaccio a ritagliarsi il ruolo di trequartista nel 4-3-1-2.

E anche l’attacco è stato un vortice continuo: Granoche, Costantino e Gomez si sono alternati frequentemente, poi quest’ultimo si è scoperto anche trequartista, mentre le incursioni di Ferretti sono state rare ma troppo spesso poco produttive. Un mix di cause e di scelte che ha portato quindi a 18 formazioni diverse: certo, la rosa lunga serve anche non fossilizzarsi sugli stessi giocatori, ma se quest’anno la Triestina non ha mai trovato continuità, forse un pò dipende anche da questo. 

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