Triestina, mesi di cantiere aperto: mai schierata la stessa formazione

TRIESTE. In queste prime 18 giornate, quando ne manca solamente una al termine del girone di andata, c’è un dato che fa particolarmente impressione della stagione alabardata: la Triestina finora non è mai scesa in campo con la stessa formazione. In diciotto partite, quindi, ci sono state 18 Triestine diverse. A volte è cambiato un solo giocatore, altre volte ci sono state formazioni completamente stravolte, ma la sostanza è questa e invita a delle riflessioni. Innanzitutto è vero che una parte delle motivazioni è casuale o contingente: la squalifica di un giocatore, qualche infortunio, un turnover obbligato in mezzo a una serie di impegni ravvicinati. Tutte cose che ci stanno nell’arco di una stagione.
Ma la base di questo continuo alternarsi di giocatori, è indubbiamente quello di una ricerca incessante e spasmodica (in certi momenti quasi disperata) di una quadratura ottimale che potesse far rendere al meglio questa rosa. Perché è ovvio che quando le cose non funzionano, chi è in panchina deve provare, cambiare, verificare alla ricerca della formula migliore per una squadra che, a volte in modo inspiegabile, rende meno di quanto previsto.
È una ricerca continua che ha coinvolto tutti i tecnici, da Pavanel, all’interregno di Princivalli fino a Gautieri. Anzi, chi ci è andato davvero vicino a ripetere la stessa formazione è Pavanel, che dopo la sconfitta in casa col Piacenza, a Cesena si è ripresentato con lo stesso undici a parte il portiere, perché nell’occasione Matosevic aveva preso il posto dell’infortunato Offredi.
Poi è stato sempre una modifica continua dovuta comunque, come detto, anche a motivazioni che vanno al di là delle scelte tecniche. I continui infortuni di Frascatore, gli acciacchi di Lambrughi e Offredi, le squalifiche di Malomo, il rendimento sotto le attese di Scrugli e ultimamente il lancio di Ermacora, hanno fatto sì che in difesa ci fosse sempre fermento e che l’unico vero punto fermo sia stato Formiconi.
A centrocampo, l’alternarsi di schieramenti a due o a tre, ha già creato una frequente rotazione: ci sono stati i tentativi di reggere in mezzo con una coppia di registi come Giorico e Paulinho, poi i graduali inserimenti di Maracchi, quindi le opzioni Beccaro e Steffè quando si è passati a tre. Gli esterni nel 4-4-2 hanno avuto spazio, ma fra Procaccio, Gatto, Mensah e lo stesso Beccaro, anche qui i cambi sono stati numerosi. Ed è ovvio che questi stessi giocatori hanno trovato poi meno spazio giocando con un centrocampo a tre, con il solo Procaccio a ritagliarsi il ruolo di trequartista nel 4-3-1-2.
E anche l’attacco è stato un vortice continuo: Granoche, Costantino e Gomez si sono alternati frequentemente, poi quest’ultimo si è scoperto anche trequartista, mentre le incursioni di Ferretti sono state rare ma troppo spesso poco produttive. Un mix di cause e di scelte che ha portato quindi a 18 formazioni diverse: certo, la rosa lunga serve anche non fossilizzarsi sugli stessi giocatori, ma se quest’anno la Triestina non ha mai trovato continuità, forse un pò dipende anche da questo.
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