Tragedia nel MotoGp Muore “SuperSic”

Vani i tentativi di soccorso, la disperazione del suo staff
Un fermo immagine tratto dal TG1 della RAI mostra il momento della caduta del casco di Marco Simncelli durante l'incidente mortale avvenuto oggi 23 ottobre a Sepang .Appena ho visto i filmati dell'incidente dentro di me sono stato malissimo". Così il campione del mondo 2011 Casey Stoner sull'incidente che è costato la vita a Marco Simoncelli. "Ogni volta che il casco vola via - ha aggiunto l'australiano - è sempre un gran brutto segno". ANSA/FERMO IMMAGINE TG1
Un fermo immagine tratto dal TG1 della RAI mostra il momento della caduta del casco di Marco Simncelli durante l'incidente mortale avvenuto oggi 23 ottobre a Sepang .Appena ho visto i filmati dell'incidente dentro di me sono stato malissimo". Così il campione del mondo 2011 Casey Stoner sull'incidente che è costato la vita a Marco Simoncelli. "Ogni volta che il casco vola via - ha aggiunto l'australiano - è sempre un gran brutto segno". ANSA/FERMO IMMAGINE TG1

di Nereo Balanzin

SEPANG

Marco Simoncelli è morto. Ieri, quando il Gran Premio di Malesia era scattato da poco più di due minuti, ed il rombo delle moto, ancora tutte in gruppo, squassava l'impianto di Sepang, Marco è scivolato, quasi dolcemente, alla curva numero undici. Lui e la sua moto, invece di schizzare per la tangente, come in questi casi accade sempre, hanno tracciato una strana linea curva attraverso la pista.

L’INCIDENTE. Alvaro Bautista, giusto alle sue spalle con la sua Suzuki, li ha schivati. Colin Edwards, che stava irrompendo con la sua Monster Yamaha Tech 3, non è proprio riuscito a evitarli: ha centrato Marco in pieno. Anche Valentino Rossi, in linea con Edwards con cui stava lottando all’esterno, ha toccato Simoncelli. Ma è stato l’impatto con la moto di Edwards quello che è risultato purtroppo fatale. Il texano è ruzzolato fuori; si è rialzato comprimendo con la mano la spalla slogata. Vale in sella alla sua Ducati ha proseguito la sua corsa sull’erba.

Marco Simoncelli è rimasto immobile in mezzo alla pista. Nemmeno il più piccolo movimento. Nemmeno un sussulto. Nemmeno un brivido. I capelli ricci, lunghi, biondi spettinati sull'asfalto: il casco, chissà dove.

I SOCCORSI. L'ambulanza ha prelevato Marco Simoncelli e l'ha trasportato alla clinica del circuito nel giro di pochi minuti. Attorno, alla spicciolata ma in fretta, si sono assiepati tutti: la gente del suo garage, accovacciata accanto alla ringhiera. Marco, uno dei meccanici, copriva la faccia con un fazzoletto. Cecchini, il responsabile tecnico, unico, di tutto il garage, che potesse vantarsi di essere ben più alto di Marco, con le braccia incrociate appoggiate sopra il tettuccio di una auto parcheggiata, e la guancia appoggiata sulle braccia, come per dormire, aspettava.

LA DISPERAZIONE. Aldo, l'addetto stampa che, per una volta, ne sapeva meno di tutti gli altri. Carlo Pernat, il manager di Simoncelli, che cercava di convincere se stesso prima ancora che gli altri: «Dai, ancora non si sa niente». La stampa, che non aveva voglia nemmeno di darsi da fare: si respirava già un'ansia triste, figlia della impressione vivissima che l'incidente fosse stato molto grave.

Il servizio d'ordine schierato a protezione della palazzina avrebbe anche potuto sciogliersi: tutti con i bloc-notes in mano, ma nessuno con il coraggio di avanzare. E nemmeno di fermare coloro che, a poco a poco, uscivano. Paolo Simoncelli, il padre del campione, che scuoteva la testa riccia e brizzolata. Aligi Deganello, il capomeccanico che, zoppicando, crollava piangendo tra le braccia dei compagni di lavoro.

Alcuni minuti più tardi, è comparso Ignacio, spagnolo alto e magro, un uomo della organizzazione che cura il Motomondiale. Stringeva tra le dita un fogliettino microscopico, con una cifra vergata in inchiostro blu: 16 e 56. L'ora malese in cui Marco, ufficialmente, ci ha lasciato. L'elicottero, atterrato poco prima nel piazzale, all'occorrenza pronto, e che aveva spento i motori, non li ha, purtroppo, riaccesi più.

IL VERDETTO. Sul fare della sera di Sepang, è toccato a Michele Macchiagodena, il responsabile medico, spiegare quel poco che c'era da spiegare. Marco in quel terribile incidente ha subito tre traumi: uno alla testa, uno al collo, uno al torace.

Probabilmente, è stata la botta al collo ad ucciderlo: quando i medici lo hanno soccorso, ancora sull'asfalto, “Sic” - come lo chiamavano i suoi tantissimi, appassionati, tifosi - versava già in stato di arresto cardiocircolatorio. Nella piccola clinica del circuito del Gran Premio di Malaysia, i medici (e con loro il dottor Michele Zaza, italiano, lo specialista in rianimazione della Clinica Mobile) hanno cercato di riportarlo in vita per 45 minuti.

L’ESPIANTO IMPOSSIBILE. Mai, ha raccontato dopo il dottor Michele Macchiagodena, mai, nemmeno per un istante, Marco ha mostrato segni di ripresa. Paolo e Rossella, papà e mamma dello sfortunato pilota, hanno offerto gli organi del figlio per l'espianto. I medici hanno dovuto rispondere che non si poteva: il cuore di Marco aveva cessato di battere, ed i prelievi si operano ad encefalogramma piatto ma muscolo cardiaco ancora attivo.

Nessuno, quindi, potrà ricevere quello che sarebbe stato l’ultimo regalo di Marco Simoncelli.

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