Stivaletti racconta er Canaro e la sua atroce vendetta Il modello è Dario Argento

«Non solo squartamenti e omicidi: mi piacerebbe lavorare di più in film fantasy e di fantascienza, ma gli effetti speciali in Italia si usano soprattutto nell’horror». A esprimere il desiderio è Sergio Stivaletti, il maestro italiano degli effetti visivi e del make up che ha lavorato in tutti i film di Dario Argento da “Phenomena” in poi. Stivaletti è l’ultimo erede di una tradizione horror italiana dallo spirito artigianale e indomito, che passa per Fulci, Argento, Lamberto Bava, Michele Soavi. Il bagaglio di carne, sangue e incubi che maneggia da anni non poteva che segnare anche “Rabbia furiosa – Er canaro”, il suo terzo film da regista, evento speciale di ShorTS il 6 luglio, alle ore 22 al Cinema Ariston. La storia è ispirata al truculento “delitto del Canaro della Magliana”, l’omicidio con tortura di Giancarlo Ricci ad opera dell’amico Pietro De Negri, lo stesso al quale si riferisce il recente “Dogman” di Matteo Garrone. «La mia idea è nata vent’anni fa», spiega Stivaletti. «Cominciai a lavorarci su, ma il film non si fece più. Ebbi molte porte sbattute in faccia. Quando mi sono reso conto che un’altra produzione, quella di Garrone, avrebbe dato il via all’altro film, ho capito che era ora di diventare io stesso produttore di un lungometraggio così complesso».

Ma com’è il suo “Canaro”?

«Un film di vendetta. Mi sono chiesto: come può una persona più o meno mite, un piccolo criminale com’era De Negri, a un certo punto diventare carnefice? I miei riferimenti sono stati “Cane di paglia”, “Un borghese piccolo piccolo”. È un cinema che non avevo ancora praticato, con al centro l’attore e i sentimenti. Gli effetti speciali arrivano solo come catarsi finale».

Il modello?

«Anche involontariamente faccio riferimento ad Argento, perché ho respirato i suoi set. —

E.G.

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