Simoni doma ancora lo Zoncolan
GIRO D’ITALIA. I ciclisti sono saliti tra due ali di folla molto corretta fino ai 1735 metri del «mostro» carnico. Il leader Di Luca non delude, lo spettacolo di 100 mila persone a tifare sulle aspre salite
MONTE ZONCOLAN
Gibo Simoni e lo Zoncolan. Gibo Simoni è lo Zoncolan. Proprio come quattro anni fa. Allora il corridore trentino domò il «mostro» dal versante di Sutrio. Oggi, si è ripetuto sul versante di Ovaro. Quello più duro. Quello più emozionante. E intanto Di Luca, arrivato quarto con 31" di distacco, non ha ancora vinto il Giro. Il lussemburghese Schlek (la maglia bianca che qualcuno profetizza essere l’Indurain di un domani ormai prossimo), gli ha rubato 24" sul campo e altri 8" con l'abbuono salendo con una semplicità, una fluidità, una leggerezza disarmanti. Insomma, il capitano della Liquigas deve ancora soffrire, anche perchè sabato ci sono i 43 chilometri a cronometro da Bardolino a Verona. E il lussemburghese va forte anche contro il tempo. Lo Zoncolan prometteva spettacolo e spettacolo è stato. Il pubblico aveva trasformato lo stretto budello che sale ai 1735 metri della vetta in uno stadio del ciclismo di strada. Centomila persone, tutto il popolo dei cicloamatori era quassù, tanto che un paio d’ore prima dell’arrivo dei girini l’organizzazione ha dovuto chiudere la strada anche a loro, ai tifosi su due ruote. I corridori sono saliti tra due ali di folla entusiasta, tra bandiere, applausi, incitamenti.
I primi l'hanno affrontato alle 16.14. Erano in dodici, erano andati in fuga un centinaio di chilometri prima e tra loro il nome più noto era quello del campione del mondo Bettini. Poi, tra gli altri, Cioni e Codol. Dietro, il gruppo maglia rosa, controllato - così come aveva anticipato Franco Pellizotti - dagli uomini Liquigas a protezione della maglia rosa di Di Luca, era a 4'20". Teoricamente un margine di sicurezza, con soli più 10 chilometri davanti. Teoricamente. Perchè lo Zoncolan sono sì 10 chilometri, anzi poco più, ma con punte del 22 per cento di pendenza. Di quella dozzina di fuggitivi, a reggere sembra essere il solo Cioni. Dietro, ciascuno sale con il proprio passo. E i campioni si vedono subito. Simoni cerca di fare la selezione, resistono Di Luca, Cunego, Schlek e Piepoli. Di Luca no, Di Luca perde metri. E intanto Mazzoleni scompare. Il regista del Giro ha davvero fatto le cose per bene. La trama della tappa è ricca di suspance. Simoni riattacca, e quando all'arrivo mancano solo più cinque chilometri anche Cunego si stacca. Poi, verrà su insieme alla maglia rosa, ma faticando. A quattro chilometri dall’arrivo, davanti non c'è più Cioni che all'improvviso si ferma: le immagini sono impietose, proprio non ce la fa più ad andare avanti. E' morto. Schiantato dallo Zoncolan, schiantato dal mostro. Rimane solo Codol, mentre Simoni, Piepoli e Schlek macinano metro su metro, mordono i tornanti e si avvicinano sempre più.
Beh, Simoni sappiamo chi è, Piepoli pure: non a caso è la maglia verde. Ma Schlek è davvero una sorpresa meravigliosa. Sale leggero, non si alza mai sui pedali, sembra non fare fatica. Di Luca viene avvisato, non può mettere a rischio la maglia. Stringe i denti, riparte, riaggancia Cunego. Davanti, intanto, anche Codol è preso. Nell'ultimo chilometro lo spettacolo offre immagini che rimarranno a lungo nella memoria dei tifosi. Quattro uomini in fuga su una strada larga poco più di due metri con i tifosi che premono a destra e a sinistra, l’organizzazione trema. Ma è tutto perfetto, il pubblico del ciclismo è un pubblico di sportivi. E allora c’era ancora tempo per i colpi di scena. Anche Codol viene staccato da Simoni, Piepoli e Schlek, mentre dietro Cunego e Di Luca non crollano, restano lì. Quattro anni fa, Simoni arrivò quassù tutto solo. Questa volta, no. Questa volta, c'è il suo compagno di squadra Piepoli. Ah, beffardo destino quello dello scalatore pugliese. Sulle Tre Cime se ne era andato con il compagno di squadra Riccò e sulla linea del traguardo aveva concesso il successo di tappa al giovane compagno. Ieri, era con il capitano. Scontato l'ordine d'arrivo. Simoni è scattato negli ultimi trecento metri, gli unici transennati, quelli con gli alpini della Julia a tenere il comunque ordinatissimo pubblico al proprio posto.
E' stato un boato, Gibo è nei cuori di tanti. Via lui, assieme a Piepoli. Schlek è rimasto fermo, proprio all'ultimo non ce l'ha più fatta. Sono arrivati insieme in cima, Simoni e Piepoli, insieme hanno alzato le braccia nel segno del trionfo. E appena scesi di bicicletta si sono abbracciati. Di nuovo sullo Zoncolan, di nuovo Simoni. Schlek era a 7". Di Luca a 31". Cunego a 37". Codol, che era arrivato all'ultimo chilometro davanti a tutti, a 58". E' questo il mostro: ti mangia un minuto in meno di un chilometro. Pellizotti, osannatissimo, è 8.o, a 1'40": visto il lavoro che ha fatto per tenere davanti Di Luca nel gruppone maglia rosa fino a Liariis, è un gran risultato. Gli altri, arriveranno con calma. Simoni è già sul podio a farsi sbaciucchiare dalle miss della tappa quando arrivano gli altri volti noti: Riccò 12.o, Mazzoleni 13.o, Garzelli è 20.o, Savoldelli 23.o, Noè 43.o. L'ultimo, è un francese e si chiama Eric Berthou. Arriva con un minuto e mezzo di distacco dal penultimo (il russo Nikolai Trussov) a 20'24" da Simoni, mentre era anche già finita la diretta tv. Eppure il pubblico, tutto il pubblico ha aspettato anche lui. E anche per lui ci sono stati meritati applausi. E' il ciclismo e la sua leggenda. La leggenda che si costruisce sulle montagne.
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