Riccardo Rizzi tra ring e sogno americano: «Negli Usa per studiare da boxer»

Il giovane welter triestino cresciuto alla corte di Degrassi e Romano è reduce da un’esperienza oltreoceano: «È stata dura ma ho trovato una seconda famiglia»

TRIESTE Storia di un piccolo sogno americano, da conquistare solo con le proprie forze lavorando dentro e fuori da un ring. A crederci è il pugile triestino Riccardo Rizzi, un superwelter cresciuto alla corte dei tecnici Degrassi e Romano all'epoca dell'era Ente Porto e ora in forza alla neonata Rui Boxe, atleta che ha deciso di spendere i suoi vent'anni costruendosi un futuro che non parli solo di pugni e match ma di forti esperienze umane. Capita allora di sognare anche l'America, non quella della musica, grattacieli o dei fast food, no, piuttosto quella della boxe all'avanguardia ma ancora romantica, da vivere a contatto con culture e idiomi diversi.

Riccardo accetta la sfida, prima approdando nel 2016 negli States per un soggiorno a Brooklyn, allenandosi alla Gleason's Gym, poi (ri)elaborando la missione nei primi mesi di quest'anno, questa volta con stimoli nuovi, più intensi. A supportarlo questa volta non c'è la famiglia, Riccardo infatti vuole fare tutto da solo e dopo il diploma all'Istituto “Carli” trova un impiego da commesso in un supermercato, dove i “round” quotidiani tra scaffali e bottiglie si traducono in cinque mesi di stipendio da riservare al viaggio, al soggiorno e alle spese di una trasferta che racchiude due approdi, prima in California, a Los Angeles, alla palestra Wild Card diretta da Freddie Roach – si, l'allenatore di una leggenda come Manny Paquaio – e poi a Las Vegas, al City Boxing Club di Armin Van Dam.

Da un placido market di periferia, Riccardo si trova proiettato in una realtà difficile anche da sognare, dove le giornate si compongono di due sessioni di allenamento, la prima attorno alle 9, l'altra verso le 18. Qui la boxe si tinge anche di relazioni, culture, respiri sociali: «Agli inizi è stata dura, senza amici, senza famiglia e riferimenti, ma era quello che volevo – racconta Riccardo - cioè costruirmi l'avventura con le mie fatiche. Poi il mio allenatore, Renè Moreno, mi ha accolto con affetto, mi ha fatto entrare in contatto con la comunità messicana e qui è nato un forte legame umano, mi hanno aiutato in ogni modo, per gli spostamenti, invitandomi a cena, per ogni necessità. Posso dire – aggiunge convinto il pugile triestino – di avere ora una famiglia anche oltre Oceano».

Poi la boxe, quella vera. Riccardo cambia categoria, arroventa la mentalità, scende dai Medi ai Superwelter, si impone in una esibizione in Messico e poi torna a Trieste, riprendendo il lavoro con il maestro Gianni Degrassi e con i tecnici Alessi e Comuzzi, riuscendo tra l'altro anche a vincere subito due match, questa volta ufficiali, prima in Germania ai punti e poi di recente ad Asti. Nel frattempo è tornato a lavorare, da cameriere in una pizzeria, e trova il tempo per studiare all'Università, facoltà di Scienze Motorie. L'avventura americana non è certo finita, solo interrotta. Lo attende ancora l'altra sua “famiglia” per continuare a crescere, anche fuori dal ring. —




 

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