Quanti sogni e “stelle” nel vecchio impianto

di Roberto Degrassi
TRIESTE
Molti giocatori dell’Acegas, tutti quelli non triestini, domani si chiederanno probabilmente chi sia mai ’sto signor Chiarbola. Vaglielo a spiegare che quello scatolone dal tetto un po’ così un nome ce l’ha davvero, Giorgio Calza, lottatore olimpico, ma nessuno se ne ricorda e preferisce chiamarlo come il rione.
Vaglielo a spiegare ai giocatori abituati al PalaTrieste che in realtà le pagine più belle del basket locale sono state scritte lì, a Chiarbola. È lì che una città intera si è innamorata di una squadra dal nome inglese, Hurlingham, e di un giocatore, Rich Laurel. Sì, proprio quel signore che periodicamente fa una comparsata da queste parti, per salutare i vecchi amici.
Bisogna raccontargliela, all’Acegas, che in quell’impianto lì Trieste ha accarezzato il sogno di vincere uno scudetto e una coppa europea, la Korac, ha visto Michael Jordan in esibizione squassare un tabellone e ha applaudito una tappa di un tour di stelle Nba. Nate Archibald, Tripucka, Alex English, Kevin McHale (che condì la sua visita triestina con un’incursione al ricreatorio Padovan grazie alla geniale sfrontatezza di Franco Stibiel).
Il PalaChiarbola che domani accoglierà l’Acegas ha una platea ridotta rispetto al PalaTrieste, ha un che di vintage, ma lì dentro abbiamo visto di tutto. Inizialmente una parete era solo muro, fuori uso per il pubblico, dall’altra parte ecco le tribune retrattili, anzi telescopiche dal nome giusto per pregustare le “stelle” in azione. Eravamo anche un po’ naif, con il sole che alle 18 della tarda primavera irrompeva dai finestroni. Quei finestroni dove in tanti per 20 minuti, ogni due settimane, incollavamo il naso, sforzandoci di intravvedere quello che, diversi mesi più sotto, stava accadendo sul parquet. Venti minuti e non quaranta perchè il momento dell’intervallo era quello del liberi tutti e chi dall’interno usciva per fumare permetteva agli altri di imbucarsi. Sarebbe stato vietato? Vabbè, ma è un peccatuccio caduto in prescrizione...
Cara Acegas, a Chiarbola abbiamo visto campioni come Jordan e bufale come Wenzel, lunghi dal girovita sontuoso di Francone Pozzecco e dalla silhouette da spighetta di Paolo Lanza, abbiamo visto Dado Lombardi portare un manipolo di amici sognatori in serie A1 e ci siamo illusi con qualche scampolo di classe di Marvin Barnes. Siamo passati dalla Prandoni Bergamo e Pintinox Brescia alla Virtus Bologna e al Paok Salonicco. E poi i derby. Quando la casa del basket era Chiarbola, ogni provincia aveva una squadra decente. Pagnossin Gorizia, Postalmobili Pordenone, Snaidero Udine. Domeniche in cui l’avventurosa ricerca del parcheggio diventava ancora più complicata, evitando di sostare accanto a un’auto con targa “nemica”. Un canestro a fil di sirena rischiava di costare uno sfregio alla carrozzeria.
A Chiarbola abbiamo visto affermarsi una generazione di giocatori poi diventati assicuratori e un gruppo di ragazzi debuttare in prima squadra nella loro città, adottati dal pubblico al punto da trascurarne i cognomi, Robi o Toscia, Tonno, Caio...
Non avremo visto i bastioni di Orione ma qualcosa da raccontare ai nipotini rimane comunque: gli esordi di Bodiroga, Fucka e De Pol, oppure la sfida tra Dino Menegin in maglia Stefanel e l’allora imberbe figlio Andrea in casacca Varese oppure quando arrivavano dagli Usa giocatori che erano tutti un ex qualcosa: un ex Harlem Globetrotter (Campbell), un ex Lakers (Jones), un ex giocatore (il solito Wenzel). A Chiarbola abbiamo avuto un coach ballerino, De Sisti, un play cantante, Baiguera, e un play fotografo, Palumbo, il predicatore Butch Taylor e il peccatore Bad News, gente che segnava da metà campo (Nando Gentile) e chi non la metteva dentro nemmeno in sottomano.
Insomma, ne abbiamo viste di tutti i colori, compresa la serie B della prima era Stefanel. All’epoca nessuno parlava ancora di tornei Under e Divisione nazionale A. Intanto, dopo la fuga della migliore Stefanel, è arrivato il PalaTrieste Rubini, consegnando alla storia il (mediocre) Giorgio Giannouzakos come autore del primo canestro biancorosso nella nuova casa del basket.
Domani, a causa dell’inagibilità del PalaTrieste in seguito alla terribile morte di Francesco Pinna, la pallacanestro triestina torna alle origini. Un amarcord che va onorato in modo degno.
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