Quando il fallo antisportivo lo commette il genitore
TRIESTE. Capita anche a Trieste. In una delle capitali del basket. In una delle città cestisticamente più competenti d’Italia. Tre episodi. Tre esempi che denunciati sul web hanno in breve innescato numerose reazioni.
Campionato Under 16 femminile. Si gioca in un impianto in provincia di Trieste. Di fronte un team locale e uno di un’altra città. In una delle due formazioni c’è una ragazzina dalla corporatura più robusta delle altre. I genitori della squadra avversaria non le risparmiano epiteti e stoccate durante la partita. Enfatizzano pesantemente il peso della ragazzina, aggiungono altre gratuite considerazioni.
Campionato Under 14 femminile. Il giovanissimo arbitro, alla sua seconda prova, da inesperto commette inevitabilmente qualche errore. Alcuni genitori non gliela lasciano passare liscia. La direzione di gara viene ripetutamente contestata.
Campionato Under 12. Torneo regionale. Una finale di consolazione. L’arbitro è di poco più grande dei giocatori sul parquet. Anche in questo caso l’arbitro viene ripetutamente beccato da alcuni genitori. All’ennesimo attacco non regge più la pressione e scoppia a piangere.
Tre episodi. Forse non eclatanti come altri, in altre regioni, che nelle scorse settimane hanno destato clamore, ma sono comunque sgradevoli. Il segnale di un malcostume che si sta diffondendo. Un malcostume che mette nel trituratore arbitri e avversari. E che vede, ad azionare il trituratore, genitori di giovani atleti. Stavolta il fallo antisportivo l’hanno commesso loro.
Intendiamoci, si tratta di un’esigua minoranza di genitori ma in questi casi anche lo 0,01% di intolleranti è comunque uno 0,01% di troppo. Quella battuta potrebbe forse spingere quella giocatrice un po’ più formosa delle altre a decidere di abbandonare la pallacanestro. Quella contestazione potrebbe forse spegnere l’entusiasmo di un ragazzino che prova a fare l’arbitro. E di nuove leve anche in quel settore ci sarebbe invece un gran bisogno. Lo stesso grande bisogno e lo stesso entusiasmo di quei -per fortuna - tanti, tantissimi genitori che sono invece spesso il vero motore di alcune società. Un volontariato affettuoso fatto di incitamento, attenzioni, canottiere lavate e trasporti automobilistici, senza pretendere in cambio nemmeno un grazie.
I tre episodi denunciati dalla Rete hanno raccolto solamente reazioni di sdegno. Nessuna voce a giustificazione di chi ha attaccato l’atleta o gli arbitri. Qualcuno si è limitato a far presente che, in fondo, momenti così sono ormai sempre più frequenti in qualsiasi sport e in qualsiasi categoria. Ma la rassegnazione, in questo contesto, rischia di diventare connivenza.
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