QUALCOSA DI UNICO E DI GRANDE

di STEFANO TAMBURINI La storia siamo noi: il vento della gioia soffia sempre dalla stessa parte. Non c’è stato neanche bisogno di attendere l’ultimo refolo. Stavolta ce lo siamo preso di prepotenza...
Di Stefano Tamburini

di STEFANO TAMBURINI

La storia siamo noi: il vento della gioia soffia sempre dalla stessa parte. Non c’è stato neanche bisogno di attendere l’ultimo refolo. Stavolta ce lo siamo preso di prepotenza quel vento e lo abbiamo fatto soffiare nelle nostre vele fin da subito. Agli altri, ai cuori algidi di Germania, è rimasta solo la tormenta dei delusi.

È bello avere la conferma che ogni volta che ci troviamo sullo stesso campo a giocarci qualcosa di unico e di grande siam sempre noi quelli che cantano e ballano, abbracciandosi forte per toccare con mano la favola che diventa realtà. Stavolta non ci siamo ancora, la favola è a un passo ma è così tanta la gioia che sembra quasi di esserci. È un sogno stupendo: non svegliateci. Non toglieteci dagli occhi quelle splendide immagini di Mario Balotelli che sfonda la rete due volte.

Forse non siamo ancora meglio di loro ma ieri sera siamo stati i più bravi, molto più bravi. Loro, prima che piombassimo di nuovo nei loro incubi, erano stati quasi perfetti, addirittura devastanti.

Per noi questo trionfo è ancora più bello, anche perché avremmo stentato a crederci se ce lo avessero detto la sera del 24 giugno di due anni fa, quando dal Sudafrica riportavamo a casa un carrello di giocatori bolliti reduce dal penoso 2-3 contro la Slovacchia. Quella sera uno come Gigi Buffon, che avrà qualche difetto fuori dal campo ma non manca in schiettezza, disse chiaro e tondo: «A questo punto sarebbe già un miracolo se ci qualificassimo per gli Europei».

Ecco, sotto la guida di Cesare Prandelli gli azzurri sono riusciti a fare più di un miracolo. Adesso non sappiamo neanche se il ct che ha saputo ritrovare l’amore degli italiani per questa squadra al prossimo impegno sarà ancora lì. Sarebbe un bel guaio se andasse via, perché è l’uomo adatto per guidare quel salto di qualità che i tedeschi hanno saputo avviare nel 2002. Noi abbiamo un solo centro tecnico federale, loro ne hanno 17 e hanno un calcio sano, senza debiti e in crescita, basato sulla tradizione ma anche sull’apporto dei nuovi cittadini di Germania. Insomma, in campo li abbiamo battuti ma fuori hanno ancora tanto da insegnarci. Siamo a un passo dalla favola, non possiamo fermarci a una coppa. Che la vinciamo o no, il futuro del nostro calcio passa anche da quel che saprà fare dopo.

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