Per l'arbitro triestino Giacomelli è game over in A. «Ma io spero di proseguire...»

La norma vigente costringe l’arbitro triestino a dire stop all’attività in campo. Per lui forse un futuro alla Var. Tra gli aneddoti una divertente richiesta di selfie

TRIESTE «Il 6 novembre compirò 42 anni. Come mi sento fisicamente? Bene, anzi benissimo. Durante il lockdown mi sono allenato costantemente quindi il mio desiderio è piuttosto scontato. Mi piacerebbe continuare a fare quello che sto facendo da quando ero un 15enne: arbitrare».

Regolamento alla mano, Atalanta-Inter dello scorso primo agosto è stata la sua ultima direzione di gioco. Certo che da quel Genoa-Cagliari del 3 aprile 2011, di fischi e cartellini ne sono passati parecchi per Piero Giacomelli. Dopo 136 presenze nella massima serie, la giacchetta nera triestina, l’unica in A del Friuli Venezia Giulia, dovrà voltare pagina poiché la norma in vigore parla chiaro: se non sei un arbitro internazionale – unico vero grande rammarico della bellissima carriera di Giacomelli – dopo 8 anni di permanenza in A il fischietto va messo nel cassettino. Senza se e senza ma.

Il record di Giacomelli, 100 partite in A
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Eppure sembra che questa verità stia iniziando a vacillare. Giacomelli non conferma né smentisce, ma il regolamento, che ha costretto allo stop definitivo anche il collega 44enne Gianpaolo Calvarese, potrebbe essere rivisto per permettere ai due arbitri di proseguire a dirigere nella massima serie nazionale. Un forte indizio arriva anche dalla scelta di aver selezionato Giacomelli nel post lockdown per incontri decisamente delicati per la corsa verso scudetto, Europa e salvezza: Genoa-Parma, Milan-Roma, Juventus-Atalanta e l’ultimo atto Atalanta-Inter.

Altre voci, piuttosto attendibili, dicono invece che l’arbitro triestino ha un futuro nel calcio professionistico come ufficiale di gara addetto alla Var. Anche su questo Giacomelli non vuole e non può sbilanciarsi. Anzi, per cercare di non pensare troppo a quello che sarà il suo futuro, assieme all’amata compagna Alessia e agli adorati figli Leonardo (5 anni) e Tommaso (3), l’ex giocatore delle giovanili del San Luigi si è recato in Alta Badia, per scappare anche dai… fan.

Quando in un campo di calcio si indossa un fischietto è inevitabile ricevere critiche da parte di società e tifosi. È arcinoto: fa parte del gioco. L’ultima polemica, innescata da una buona fetta del pallone nazionale (in special modo quella antibianconera), è maturata in seguito alla direzione di gara di Juventus-Atalanta. Quella dei due rigori concessi per altrettanti falli di mano, tanto per intenderci. Querelle a parte, Giacomelli rimane un arbitro apprezzato. Cosa piuttosto rara in Italia. Ecco perché gli amanti del calcio hanno molte attenzioni nebevole nei suoi confronti quando lo incontrano in borghese e senza fischietto.

«Partiamo da un concetto: Trieste è un’isola felice. Come dettomi anche dall’alabardato Ciccio Lodi, è impensabile camminare in una zona centrale cittadina nel Sud Italia senza non essere “travolti”. Ed ha pienamente ragione. Io stesso nella mia città me la vivo serenamente, ma in altre piazze sono costantemente “ricercato” per foto, autografi o magari qualche chiacchiera sul regolamento. Ovviamente fa strano ricevere queste attenzioni, anche perché in fondo io sono un arbitro, non un giocatore».

Gli aneddoti in tal senso si sprecano. «Nel Bergamasco mentre camminavo ho sentito dire ad una persona che sembravo il sosia di Giacomelli, a Porto Cervo ammetto che il mio volto mi ha permesso di saltare una lunga fila per entrare in discoteca: ovviamente il biglietto d’entrata l’ho pagato, ci mancherebbe. In un’altra occasione, invece, su una spiaggia siciliana, i miei amici vennero scambiati per i miei bodyguard…».

Ma alla fin fine, forse l’episodio più divertente è accaduto proprio nella sua Trieste: «Ero in molo IV e ad un certo punto un ragazzo triestino, completamente ubriaco, mi ha chiesto di farci un selfie. Una volta effettuato lo scatto mi ha salutato e un po’ barcollando è andato da un suo amico mostrandogli il telefonino e dicendogli “Ara che roba, incredibile, questo xe spudado all’arbitro triestin de serie A”». —




 

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