«Messi all’altezza di Dio» E l’Argentina ora sogna

Qualificazioni mondiali: tre gol della “Pulce” con l’Ecuador ai 2850 metri di Quito e svanisce l’incubo della mancata qualificazione: «Sarebbe stata una follia»
epa06258036 Argentina's Lionel Messi celebrates after scoring during the FIFA World Cup 2018 qualifying soccer match between Ecuador and Argentina at the Atahualpa Stadium in Quito, Ecuador, 10 October 2017. EPA/JOSE JACOME
epa06258036 Argentina's Lionel Messi celebrates after scoring during the FIFA World Cup 2018 qualifying soccer match between Ecuador and Argentina at the Atahualpa Stadium in Quito, Ecuador, 10 October 2017. EPA/JOSE JACOME
BUENOS AIRES. «All'altezza di Dio». Era l'ultima chance, di quelle da dentro o fuori, e non se l'è lasciata sfuggire.


Leo Messi, tante altre volte deludente con la maglia dell'Argentina, ha finalmente preso per mano la sua nazionale portandola al Mondiale dalla porta principale. Lo fatto con una tripletta contro l’Ecuador a Quito, a 2850 metri di altura, come sottolinea il titolone di Olè, dunque più vicino a quelle divinità del calcio cui Leo si accompagna spesso con la maglia del Barcellona, e un po’ meno con quelle della sua nazionale. Ma stavolta la storia è stata diversa. Stavolta Messi ha scacciato tutti i fantasmi della nazionale, anzi di una nazione, passando dalla paura degli spareggi o dell'eliminazione diretta alla qualificazione diretta al Mondiale.


«Non andarci sarebbe stata una follia», ha commentato la «Pulce» dopo il 3-1 di Quito e il gran sospiro di sollievo tirato dall'intera Argentina. Rimanere fuori da Russia 2018, dopo la finale persa a Brasile 2014, sarebbe stato l'addio al sogno iridato del fuoriclasse 31enne, nella cui bacheca personale manca proprio la Coppa del mondo. Un sogno che ora tornerà a essere l'obsesion dei tifosi (non inferiore a quella degli storici rivali brasiliani): il ct Jorge Sampaoli lo sa bene e ha già iniziato a mettere le mani avanti. «Messi non deve un Mondiale all'Argentina - ha avvertito -. Casomai è il calcio a doverne uno a lui». Per poi chiarire, ancor più a scanso d'equivoci: «Non farò nessuna promessa».


Ma dal campo fino al volo di ritorno, come dimostrano i tanti video postati sui social, è stata festa irrefrenabile, una sorta di liberazione. Messi a torso nudo nello spogliatoio ha fatto il capocoro ai canti di tutti i suoi compagni, e sull'aereo un bel gruppo di giocatori ha scandito la “Papu dance” dell'atalantino Gomes.


Sui giornali poi i titoloni si sprecano e Messi è celebrato come un re: insomma, anche le pietre sanno che le pressioni e le aspettative sull'Albiceleste non potranno che aumentare. «Siamo andati in Ecuador con un obiettivo - ha raccontato Messi - anche se giocare in altura ci faceva paura. Siamo andati sotto, abbiamo rimontato, ci siamo presi il pass per la Russia: tutta questa storia, questa gran paura ci ha reso più forti. Ora il desiderio di tutti è che la Seleccion faccia un bel Mondiale: abbiamo giocato tre finali, tra Coppa del Mondo e Coppa America, e siamo stati sfortunati, avremmo meritato di vincerle tutte e tre».


Il mondo è avvisato, l'Argentina di Messi sta arrivando




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